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IL TEMPO È SCADUTO. L’ASSE DRAGHI-NAPOLITANO SPINGE PERCHÉ SI VADA AD ELEZIONI A GENNAIO

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Ugo Magri per "La Stampa"

napolitano draghi

È possibile che si vada molto rapidamente ad elezioni. Non a marzo-aprile dell'anno prossimo, ma addirittura a gennaio. In altissimo loco, tra Roma e Francoforte, prende corpo l'idea che uno scioglimento delle Camere sarebbe il male minore nel caso in cui Berlusconi dovesse crollare.

Ipotesi, quest'ultima, che sta crescendo a sua volta, perché in queste ore si moltiplicano i deputati Pdl col maldipancia. La differenza rispetto al passato è che una decina di loro sembrerebbero decisi a spingersi fino in fondo votando contro il governo. Basterebbero ad affondarlo. Si rincorrono voci di incontri carbonari, pranzi e cene ad alto rischio di trigliceridi.

napolitano draghi

Oltre ad Antonione, tra i capi della «congiura» spicca la Bertolini che un tempo inondava le redazioni con comunicati inneggiati a Re Silvio, ma da un po' di tempo tace. Per non dire di Stracquadanio, sempre considerato un pasdaran. Gli epicentri del terremoto sono localizzati in Veneto e in Toscana.

BERLUSCONI

Per tutti quanti Casini avrebbe pronto un contenitore, la Costituente dei moderati; casomai le elezioni precipitassero e non si facesse in tempo a battezzare un nuovo partito, verrebbero aperte le porte dell'Udc. Altri cercherebbero posto in un'ipotetica lista Montezemolo, qualora l'ex presidente di Confindustria decidesse di scendere in campo nel Terzo Polo: così sussurra ai dissidenti (tra i quali si nasconde, come accadeva nella Russia sovietica, qualche infiltrato berlusconiano) quel «pensionato della politica» in servizio permanente che è l'ex ministro andreottiano Cirino Pomicino. Prevede sornione che «qualcuno verrà allo scoperto oggi, altri domani, altri ancora dopodomani».

NAPOLITANO VISCO DRAGHI

In via dell'Umiltà, sede del Pdl, l'« uomo del pallottoliere» Verdini è nervoso. La resa dei conti sarà all'inizio della prossima settimana, quando a Montecitorio tornerà il Rendiconto dello Stato. Già il mese scorso la Camera lo bocciò, successe l'iradiddio, in caso di bis il Cavaliere sarebbe obbligato a dimettersi.

Lui, Berlusconi, conta di riacciuffare al volo un plotone di fuggiaschi. Su Antonione è convinto di esercitare la sua forza persuasiva. Nel frattempo lo molla nientemeno che Paniz, il giurista col pizzetto che difendeva in tivù le leggi «ad personam».

PIERFERDINANDO CASINI

Il Cavaliere non ha più granché da promettere, i posti di sottogoverno sono esauriti, coi chiari di luna che corrono nemmeno la cadrega da deputato è garantita. Lo scenario di crisi sembra concreto. A quel punto, cosa accadrebbe?

Spostiamoci al Quirinale dove Napolitano ha messo in piedi una sorta di consultazione anticipata, segno della gravità dei tempi. Ricevendo la delegazione terzopolista, da Casini a Della Vedova, da Rutelli a Bocchino, non ha intimato loro di votare le misure del governo, ben sapendo che gli avrebbero risposto no. Però nemmeno ha sponsorizzato l'ipotesi di un governo tecnico al posto dell'attuale, come sarebbe piaciuto ai centristi.

LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO

Dalla sua bocca, secondo tre testimoni, sarebbe uscita quasi per inciso una frase rivelatrice: «Ho parlato con una personalità europea, convinta che le elezioni sarebbero la cosa migliore». Niente nomi, ma il pensiero dell'uditorio è subito corso a Draghi, neo-presidente Bce, col quale ieri mattina il Colle aveva avuto contatti.

Fare come la Spagna: perlomeno così si darebbe una prospettiva ai mercati, anziché trascinare l'agonia con un governo tecnico allo sbando. Non si capisce chi potrebbe guidarlo. Alfano, determinatissimo, risponde: «Nessuno, chiunque al posto di Berlusconi configurerebbe un vero e proprio ribaltone». Nel sinedrio governativo qualcuno immagina che forse allora casomai se il premier fosse per esempio Gianni Letta magari il Pdl faticherebbe a sfilarsi... Ma dove mettere il «garante» Mario Monti?

Mario Monti

La fantasia degli ex-Dc si spinge a immaginare un governo Letta-Monti che non s'è mai visto in natura. Nel contesto generale, il caso Tremonti risulta secondario e a suo modo stucchevole. Interminabili discussioni col premier l'altra notte, in cui si sono rinfacciati colpe e dispetti. A un certo punto il Prof ha lasciato intendere che i mercati ci puniscono perché Berlusconi è premier. Romani è scattato: «Allora dillo chiaro che vorresti farlo dimettere».

GIANNI LETTA

Tremonti: «Non ho detto questo», «Sì l'hai detto», «Non è vero»... Ieri mattina nuovi battibecchi tra Silvio e Giulio, con allentamento della tensione solo verso sera. All'Ufficio di presidenza Pdl, Brunetta ha attaccato Tremonti, che signorilmente ha fatto «fin de non-recevoir». E' andato via mentre Cicchitto gliene diceva dietro quattro. Ma i problemi ormai sono altri. Il tempo è scaduto.

 


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