Fabio Martini per "la Stampa"

Proprio ora che si è arrivati al dunque, il «ragazzaccio» si è fatto prudente. A 24 ore dall'inizio della sua convention "Big Bang", Matteo Renzi annuncia: «Uno di noi, cioè di ragazzi o ragazze più giovani, dovrà candidarsi alle Primarie» e dalla Stazione Leopolda usciranno tante idee e non un nome. Ma che vuol dire «uno di noi»? Da un anno il sindaco di Firenze ripete che bisogna rottamare i "brontosauri" della sinistra italiana e ora, proprio lui che ha fatto della spontaneità la sua cifra, si mette a giocare a nascondino?

Questa sera alla «Leopolda» - la suggestiva stazione fiorentina di inizio Ottocento, con i mattoni rossi alle pareti e i binari sui pavimenti - avrà inizio la tre giorni che potrebbe terremotare il Pd. Potrebbe, perché l'evento si preannuncia una sfilata di sorprese, ospiti e idee controcorrente, ma quanto a Renzi non ha ancora deciso se lanciarsi definitivamente nella mischia, battendosi per Primarie da tenersi subito, costi quel che costi; oppure aspettare ancora un po', «chiamando» a farsi avanti due ex trentenni come Enrico Letta e Nicola Zingaretti. Renzi ha confidato ai suoi: «Domenica, alla chiusura, potrei parlare dieci, quindici minuti...».

Come dire: anziché raccontare «l'Italia di Renzi», il sindaco potrebbe limitarsi ad uno spot di chiusura, facendo suoi i contenuti più innovativi che saranno portati alla Convention da economisti liberal come Pietro Ichino, Tito Boeri, Luigi Zingales o da politici anticonformisti come Arturo Parisi e Sergio Chiamparino.
E dire che a Roma sono terrorizzati da Renzi. Da mesi, ogni volta spiazzati dalla imprevedibilità e dal coraggio del sindaco, che a differenza dei tanti trenta-quarantenni Pd non ha l'imprinting «unanimista» Pci-Ds: il babbo di Matteo, Tiziano Renzi, ha fatto politica nella Dc e il figlio l'ha fatta nel Ppi, due partiti nei quali lo scontro tra persone e mozioni non era mai mediato.

L'anno scorso per «oscurare» la Leopolda-1, l'entourage di Bersani organizzò l'assemblea dei segretari di circolo, mentre quest'anno a Napoli si riunisce il Forum con i giovani del Sud. E d'altra parte a Roma leggono i sondaggi, in particolare quello settimanale sulla fiducia nei leader «conosciuti» e nel quale Renzi occupa da tempo una delle prime tre posizioni.

Sono due anni che Renzi si prepara al "grande balzo". Trentasei anni, fiorentino della provincia (Rignano sull'Arno), cattolico, una giovinezza sempre da leaderino (caposcout, capitano della Rignanese, rappresentante al Consiglio di Istituto, segretario di partito), dal 2004 presidente della Provincia di Firenze, sfidante (vittorioso) della nomenclatura ex comunista alle Primarie 2009, da due e mezzo Matteo Renzi fa il sindaco e al tempo stesso è presente nel dibattito nazionale con la medesima connotazione «iconoclasta» lanciata nell'agosto 2010: «Non faccio distinzioni tra Veltroni, D'Alema, Bersani. Basta. E' il momento della rottamazione, senza incentivi».
Veloce di testa, piglio da guascone, ironico ma non autoironico, efficace in tv anche se non precisamente telegenico, sempre attaccato al suo iPad e ai social network, da sindaco, Renzi ha anche tirato fuori connotati caratteriali (è permaloso, centralizzatore) e di spessore che hanno incoraggiato perplessità alle quali dà corpo Peppino Caldarola, già direttore dell'Unità, che ha scritto sull'"Inkiesta": «Dà l'impressione di non aver mai letto un libro», «mi appare tremendamente privo di contenuti».


Renzi, che conosce e talora riconosce, alcuni suoi limiti, vuole trasformare la «Leopolda» in una fucina di idee innovative, perché - dice lui, rivolto a Bersani - «io non avrei paura di chi ha idee, ma di chi non ne ha».
In giro per l'Italia, a parte Carlo De Benedetti (che è molto diffidente verso Renzi), tutti i banchieri e gli imprenditori progressisti che nel passato hanno sponsorizzato i leader non-comunisti del centrosinistra stanno studiando le mosse del sindaco, sono stati avviati contatti informalissimi, non risultano ancora incoraggiamenti economici.
Renzi, da fiorentino, è amico di Lorenzo Bini Smaghi, Pierluigi Vigna, ha buoni rapporti con Diego Della Valle, anche se per il momento le maggiori gratificazioni gli sono venute da uomini dello star system. Il ct della Nazionale di calcio Cesare Prandelli (potrebbe passare dalla Leopolda) ha definito Renzi «un fuoriclasse», mentre Lorenzo Jovanotti durante un concerto, si è lanciato: «Se fai cose che ci piacciono, ti veniamo tutti dietro».
