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A.A.A. cercasi patrioti del latte per operazione in stile Alitalia-bancaintesa - “Salviamo il made in Italy”, sbraitano, da destra a sinistra, politici e sindacalisti assortiti. Prima per anni, Nessuno si era mosso quando analisti di mercato e gli stessi lavoratori della Parmalat avevano segnalato la pericolosa anomalia di un’azienda strapiena di liquidità (1,4 miliardi cash), priva di un’azionista di riferimento e quindi esposta agli attacchi dello scalatore di turno...

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Vittorio Malagutti per Il Fatto Quotidiano

parmalat catena latteParmalat

Aiuto, aiuto ci scippano la Parmalat! Eccoli, i nazionalisti a scoppio ritardato. La multinazionale francese Lactalis è appena entrata in scena sfondando la porta, si è comprata in Borsa (per cominciare) il 14,3 per cento dell'azienda che fu di Calisto Tanzi, ed ecco che da Roma subito si leva il coro che chiama alla difesa della Patria. "Salviamo il made in Italy", sbraitano, da destra a sinistra, politici e sindacalisti assortiti. Prima per anni, nessuno aveva fatto una piega.

Nessuno si era mosso quando analisti di mercato e gli stessi lavoratori della Parmalat avevano segnalato la pericolosa anomalia di un'azienda strapiena di liquidità (1,4 miliardi cash), priva di un'azionista di riferimento e quindi esposta agli attacchi dello scalatore di turno.

tanzi cal 016 parmalatEnrico Bondi

Nessuno si era mosso davvero per dare un azionariato stabile, meglio se tricolore (quello di Roma) al colosso con base in Emilia. E adesso che i barbari (si fa per dire) sono alle porte arriva l'armata dei patrioti di complemento. "Padroni a casa nostra", li senti declamare manco fossero leghisti varesotti. E ti aspetti anche lo straccio di un'idea, un progetto.

Il ministro Giulio Tremonti e il sottosegretario Gianni Letta ieri hanno perfino convocato l'ambasciatore francese in Italia, Jean-Marc de La Sablière, per informarlo, secondo quanto raccontano le agenzie di stampa, che il governo sta valutando la "possibilità di adottare provvedimenti legislativi per meglio difendere le imprese italiane dall'offensiva francese".

Tremonti e Gianni Letta Dal Riformista

Sfugge ai più come questo sia materialmente possibile, visto che Roma e Parigi fanno parte dell'Unione europea. Ma tant'è, questo passa il convento. Certo, se un esplicito intervento legislativo sembra al momento improponibile, ci sarebbe sempre il vecchio collaudato sistema della cordata dei volonterosi.

Corrado Passera

Do you remember Alitalia? Funziona così. Si arruola un gruppo di imprenditori amici e disponibili, si trova una banca che finanzia il tutto, si suonano le grancasse del nazionalismo economico e il gioco è fatto. Facile no? Anzi, più facile, perché Parmalat, con quella cassa zeppa di quattrini, sembra un'azienda in salute, a differenza della vecchia compagnia di bandiera schiantata dalle perdite.

A dire il vero un progetto di questo tipo circola già da tempo. Ruota attorno alla Granarolo, l'azienda reggiana controllata dalla Lega delle Cooperative, diretta concorrente di Parmalat in Italia. Grande sponsor dell'operazione è Banca Intesa, che possiede il 20 di Granarolo (oltre al 2,1 per cento di Parmalat) e comprensibilmente mira a valorizzare l'investimento.

L'operazione risulta però difficoltosa per almeno un paio di motivi. Primo: un eventuale fusione sarebbe a rischio Antitrust. Perchè vero che Parmalat ormai realizza in Italia solo il 22 per cento del proprio giro d'affari (il primo mercato è di gran lunga il Canada con il 37 per cento) ma è altrettanto vero che in alcuni comparti specifici del settore lattiero caseario i due gruppi uniti conquisterebbero una posizione di gran lunga dominante. Risultato: l'Antitrust con ogni probabilità obbligherebbe la neonata concentrazione a una pesante cura dimagrante.

C'è un'altra questione di rilievo. Granarolo è reduce da una grave crisi, risolta solo nel 2009 al termine di una pesante ristrutturazione (chiusura di sette stabilimenti su dodici). I conti sono tornati in utile, ma di poco. Tutto da dimostrare quindi che la fusione si dimostri un toccasana. Senza contare che messa ai voti nell'assemblea dei soci di Parmalat, l'operazione potrebbe essere impallinata dai grandi investitori istituzionali.

JEAN MARC de la SABLIERE CON MADAM SYLVIE

Lo stesso Enrico Bondi, il manager che ha guidato il gruppo di Collechio dopo il crac targato Tanzi, si era fin qui opposto alle nozze con Granarolo proprio perché non ne vedeva i benefici strategici. Adesso invece proprio Bondi (77 anni), che potrebbe perdere la poltrona, è al primo posto della lista di amministratori presentata da Intesa in vista dell'assemblea di aprile. La stessa banca che sponsorizza l'opzione Granarolo.

L'esperienza Alitalia dimostra che all'occorrenza le regole possono essere cambiate o sapientemente aggirate (tutto legale, per carità) pur di centrare l'obiettivo finale dell'italianità. Così, alla fine, i patrioti di complemento avranno vinto la loro battaglia e Bondi conserverà la poltrona.

Resta un fatto: gli analisti segnalano che almeno sul piano industriale le attività di Lactalis, forte soprattutto nei formaggi (in Italia possiede Galbani, Locatelli, Invernizzi), risultano complementari a quelle di Parmalat. Quindi l'eventuale acquisizione avrebbe le carte in regola per funzionare. Ma questa, per i patrioti nostrani, è una questione secondaria.

 


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