Alberto Mattioli per "la Stampa"
Sarkozy riceve due delegati dell'opposizione libicaSe la guerra a Gheddafi si farà, sarà soprattutto la guerra della Francia. Nessun Paese si è tanto impegnato per ottenere un intervento contro il regime; nessuno, a oggi, ha riconosciuto il Comitato di Bengasi come legittimo rappresentante del popolo libico. Nicolas Sarkozy fatto la sua scelta il 10 marzo, quando i due emissari dei ribelli sono usciti dall'Eliseo con un riconoscimento formale e la promessa di un intervento militare.
Pare che questa improvvisa accelerazione abbia preso alla sprovvista, oltre che il resto del mondo, anche il suo ministro degli Esteri, Alain Juppé. Ma non è stato un colpo di testa, magari provocato dalle infiammate filippiche del filosofo Bernard Henry Lévy, che ha fatto da intermediario fra il Presidente e i ribelli.
Sarko e GheddafiDa settimane, la diplomazia francese spinge a tutti i livelli (Ue, Nato e Onu) per ottenerli. Prima di partire per New York per partecipare di persona al Consiglio dell'Onu, Juppé si è sbilanciato sul suo blog impegnando addirittura l'«honneur»: «E' spesso capitato nella storia contemporanea che la debolezza delle democrazie abbia lasciato campo libero alle dittature. Non è ancora troppo tardi per smentire questa regola. L'onore della Francia sarà di aver tentato tutto per riuscirci».
mubarakIl rovesciamento delle posizioni rispetto alla guerra in Iraq, quando la Francia fu la capofila di chi non la voleva, è totale. Anche a costo di irritare l'alleato più stretto, perché la Germania di avventure militari non vuole nemmeno sentir parlare.
BEN ALI benaliSarkozy, naturalmente, ha due buoni ragioni per «giocare a fare Rambo», come scrivono i giornali. Una di politica estera: il Quai d'Orsay è convinto che la svolta nei Paesi arabi sia storica e soprattutto irreversibile, quindi prima si schiera la Francia accanto ai popoli e contro i dittatori e meglio è. Tanto più che in Africa del Nord oggi (e in Medi Oriente domani) la Francia difende un ruolo morale e concreti interessi materiali.
libia bigPoi, naturalmente, c'è la politica interna. Bisogna far dimenticare i fiaschi a ripetizione della diplomazia di Parigi, che in Tunisia e in Egitto ha dato l'impressione di muoversi male e tardi: Ben Ali e Mubarak erano molto amici della Francia in generale e di molti politici francesi in particolare.
La rivolta libicaPeggio: i due pilasti del grande progetto del Presidente, l'Union pour la Méditerranée, erano appunto loro. La penultima ministra degli Esteri, Michèle Alliot-Marie, è stata silurata per questo e, a poco più di un anno dalle elezioni, per Sarkozy sarebbe pericoloso essere considerato amico dei tiranni arabi. Così, con la Libia è stata un'escalation di parole dure e schiaffi diplomatici.
tunisia resizer jspGheddafi e i suoi cari, naturalmente, hanno reagito. Il raiss ha detto che Sarkozy «è diventato pazzo. Soffre di una malattia psichica». Suo figlio Seif, ieri l'altro, si è fatto intervistare da Euronews per far sapere che la Libia ha finanziato la campagna elettorale del Président, che ha i documenti per provarlo, che li renderà pubblici e che Sarkozy, «questo clown», prima di parlare deve restituire i soldi. A seguire, le smentite indignate dell'Eliseo.
bahrain in piazzaE un rigurgito di Grandeur: pronti a bombardare. Corsi e ricorsi: nel 2007, Sarkozy abbracciò Gheddafi sulla stessa scalinata dell'Eliseo dove ha ricevuto i suoi oppositori. Allora, fra i sarcasmi dei giornali e perfino di parte del centrodestra, il raiss piantò le sue celebri tende all'hotel Marigny. Adesso la Francia vuol fargliele levare anche da Tripoli.