1 - IL ROMENO ANTITACCHEGGIO
Michele Anselmi per "Il Secolo XIX"
D'accordo, i romeni d'Italia non sono tutti così. Ma sono anche così. Come Sebastian Chesaru, da Medgidia, cittadina a un'ora di macchina dal Mar Nero. Ha 28 anni, quattro fratellastri, una bella faccia cotta dal sole, il fisico magro e scattante, due mani che paiono tenaglie. La sua storia vale la pena di raccontarla. Pensate.
A 17 anni, per guadagnarsi da vivere, si arruola nella Legione Straniera; a 22 rimane ferito in una missione in Bosnia, tre pallottole in corpo; a 24 arriva in Italia, facendo avanti e indietro ogni tre mesi per quattro volte, disponibile ai mestieri più umili; oggi lavora a Roma in un piccolo team anti-taccheggio, ramo supermercati. E non di rado gli capita di beccare alla cassa connazionali lesti di mano coi quali deve parlare in italiano, senza troppo strapazzarli.
Come l'ho conosciuto? Una portafinestra di ferro, forzata dai soliti ignoti, non si apriva più bene. Il garagista mi segnala Sebastian e lui, in meno di un'ora, aggiusta tutto. Poi sistema lo sciacquone che perde, una presa elettrica a rischio, un tubo intasato di calcare. Incuriosito, gli chiedo: «Ma cosa fai per vivere?». Risposta: «Due settimane al mese svento piccoli furti in tre supermercati romani. A sei euro all'ora. Nelle altre due settimane mi arrangio con piccoli lavori di ristrutturazione. Se poi ci scappa qualche extra...».
monica barladeanu E bobby paunescuExtra, nel mondo di Sebastian, significa compiti di sicurezza nei locali o nelle feste affollate. Giovedì sera l'hanno ingaggiato, con altri dieci, per l'inaugurazione di un casinò alle porte di Roma. Tra i vip è spuntata anche Alessandra Mussolini, la deputata che dichiarò guerra al film "Francesca" di Bobby Paunescu perché un personaggio, nella finzione, l'apostrofava come «una troia che vuole ammazzare tutti i romeni». Ne nacque una bruciante polemica, nel 2009, sulla quale Sebastian si limita a dire: «Certo, la signora Mussolini non è molto amata dalle mie parti. Ma era solo un film. E criticava anche il razzismo di certi romeni verso gli italiani».
C'è un che di neorealismo in questo giovane uomo dalla vita già satura di accadimenti. La sua fidanzata, Sara, vive ad Aversa, e chissà quando potrà raggiungerlo a Roma. «Per i suoi genitori resto sempre un romeno» sorride. I pregiudizi sono duri a morire, e del resto la cronaca nera troppo spesso parla romeno. Però Sebastian non si atteggia a vittima. Sarà perché, in fondo, è un uomo d'ordine. Cresciuto con i nonni, dopo la separazione dei genitori, allergico al ricordo del dittatore comunista Ceausescu che però «non meritava di morire così», poco indulgente con le leggi italiane, ritenute troppo morbide con chi delinque.
IL PONTE DI Medgidia SUL DANUBIODell'esperienza nella Legione Straniera non parla volentieri. Ha indossato il mitico képi bianco, col grado di caporal maggiore, dopo un faticoso training psico-fisico in una caserma di Lione. Tiratore scelto, fucile di precisione modificato. Col suo reggimento s'è ritrovato in Sudafrica, Somalia, Afghanistan, infine, nel settembre 2004, in quella maledetta Bosnia. Per lo più «missioni di recupero», non spiega bene di cosa, persone pare di capire, spesso pericolose, pagate da committenti inattesi, incluso un arcivescovo.
Gli è capitato anche di uccidere, e non ne va fiero: un giovane kamikaze imbottito di C4 pronto a farsi saltare vicino a un convoglio. Il mestiere del soldato gli ha permesso di guadagnare anche 50-100 mila euro a missione. Ma, appunto, «era una roba da mercenari», sotto falso nome francese, con l'obbligo di mandare a memoria "La Marsigliese". Otto mesi di ospedale a Londra e tre interventi al piede destro gli hanno fatto passare la voglia della divisa.
francesca FILM DI PAUNESCUIn confronto l'Italia è una passeggiata. Solo che è dura. Vive in periferia, dalle parti di Boccea, con altri cinque compatrioti, e ogni fine del mese è una scommessa. Sempre meglio dei primi anni italiani, passati a sudare l'anima nelle serre di Salerno o nei cantieri edili a sud della Capitale, infine come stalliere e giardiniere in una villa di Civita Castellana. L'anti-taccheggio è un buon impiego. Esibisce tessera e distintivo, anche se il suo ruolo consiste nel mimetizzarsi.
«Il mio lavoro è osservare tutti senza farmi riconoscere, fingo d'essere uno che fa la spesa» spiega. L'addestramento militare, però, è servito. Unito alla memoria visiva. «Vedo subito cosa scompare dai carrelli, che siano spaghetti o profumi, pasta per dentiere o sottaceti, pomodori o caramelle. Poi ci sono quelli che scartano le confezioni di cioccolata per mangiarla e bevono le bibite lasciando vuote le bottiglie. Facile riconoscerli: sono nervosi, vanno veloci, sudano, si guardano sempre attorno».
Il catalogo dei ladruncoli è infinito. Il piccolo zingaro Rom che nasconde le pile Duracel nelle scarpe, il giovane alcolizzato che ruba il limoncello, il pensionato che fa scivolare in tasca la busta di parmigiano, la signora che chiude in borsetta trucchi e rossetti. Sebastian li ferma all'uscita, con modi gentili, senza mai toccare nessuno, mostrando di aver visto e capito tutto. Colti sul fatto, di solito pagano e se ne vanno senza conseguenze.
Bobby Paunescu«La legge italiana è molto chiara in materia. C'è il rischio che ti accusino di sequestro di persona. Bisogna essere calmi, mai offendere, saper trattare con le persone recalcitranti e con quelle che si mettono a piangere». Sebastian parla proprio così, con proprietà di linguaggio. Dice «recalcitranti»; gli sfugge solo un «abbastanza buonissime» a proposito delle sanzioni contro chi ruba. In Romania per un portafoglio o due galline si va in galera, «in Italia, invece, è facile farla franca».
Però il lavoro gli garba. Non gli piace, invece, essere pagato a ore, sogna lo stipendio fisso, in modo da potersi togliere qualche sfizio: una camicia in più, un cellulare nuovo, un personal computer. Essere romeno, anche per lui che in buona misura si sente italiano, non è facile. «Se sull'autobus parlo con mia madre al telefono vedo subito strane facce. Ma che ci posso fare? Non posso mica difendere tutti i romeni: ci sono quelli bravi e onesti e quelli ladri e violenti». Intanto ha ottenuto la carta d'identità italiana. Per il voto si vedrà.
2 - VERDONE: "STORIE COSÌ A HOLLYWOOD DIVENTANO UN FILM"
Michele Anselmi per "il Secolo XIX"
«Ma è una storia pazzesca! Voi del "Secolo XIX" avete fatto proprio bene a metterla in prima pagina. A Hollywood ci sarebbe già uno sceneggiatore al lavoro. Anche a Londra o a Parigi. Da noi in Italia... non so. Certi film ci piace più vederli che farli. Siamo pigri, pure un po' vili. Vince ancora un certo pregiudizio razzista».
Da Cinecittà, dove sta girando dai primi di giugno "Posti in piedi in Paradiso" accanto a Pierfrancesco Favino, Marco Giallini e Micaela Ramazzotti, Carlo Verdone commenta al telefono la vicenda di Sebastian Chesaru, raccontata lunedì su queste colonne. Ricorderete, forse. Romeno di Medgidia, 28 anni, quattro fratellastri, uno sguardo vivace, il fisico magro e scattante, due mani forti come tenaglie.
A 17 anni, per guadagnarsi da vivere, Sebastian si arruola a Lione nella Legione Straniera; a 22 si becca tre pallottole durante una missione in Bosnia e resta otto mesi in ospedale; a 24 arriva in Italia, facendo avanti e indietro ogni tre mesi, disponibile ai mestieri più umili, nelle serre di Salerno o nei cantieri del Napoletano; oggi lavora a Roma in un piccolo team anti-taccheggio, ramo supermercati di periferia. In pochi gli sfuggono alla cassa e rubacchiano qualcosa. Italiani, africani, albanesi o romeni, per lui non fa differenza.
«Assolutamente uno spunto da cinema. Sebastian mi pare un uomo dinamico, audace, onesto, che ne ha viste di tutti i colori e ha sposato la legge. Mi piace molto la sua storia» conferma Verdone. Pur essendo romano doc, si sente un po' romeno. Di sicuro è uno dei pochissimi ad avere visto il film collettivo "Racconti dell'età dell'oro", 2009, ambientato prima del crollo di Ceausescu: ne va pazzo.
ALESSANDRA MUSSOLINI«Ne conosco tanti, di romeni. Gente per bene, che lavora sodo per 6 euro all'ora. Poi, certo, ci sono i criminali, i violenti, i balordi. Una cosa è certa: non si può raccontare l'Italia, al cinema, senza parlare di immigrati. Sul mio set ho albanesi, senegalesi, egiziani, moldavi, romeni, e non fanno solo le comparse mute» confessa l'attore-regista.
Ricorda che in "Io, loro e Lara" l'amante/badante del padre viene da Bucarest, che in "Il mio miglior nemico" la protagonista femminile è Ana Caterina Morariu. E moldava è la giovane infermiera, «preparata e premurosa, piena di tatto e di educazione», che accudì nell'ultimo mese di vita il padre Mario, già molto malato. «Stiamo diventando come Londra o Parigi, anche se lì mi sa che gli immigrati se la passano meglio, l'integrazione è più forte, rodata» ammette Verdone.
La vicenda dell'ex legionario becca-ladruncoli Sebastian gli riporta alla mente la storia di un altro romeno, Adrian. «Due anni fa dovetti rifare i cornicioni di casa. Sulla gru, una mattina, vedo un signore attorno ai sessanta. Aveva modi signorili. Diventammo amici. Alla fine uscì fuori che aveva insegnato Storia delle Religioni all'università di Bucarest. Bastò nominargli Mircea Eliade il suo volto si illuminò. Conosceva anche Ernesto De Martino e il mio professore Tullio Tentori. Su Eliade ho dato tre esami, forse è il maggior antropologo del mondo. Adrian me ne parlava con cognizione di causa e proprietà di linguaggio. Solo che per tirare a campare rifaceva i cornicioni. Boh!».
Ana Caterina MorariuNondimeno sui romeni d'Italia resistono molti preconcetti, alcuni pure giustificati. «In generale, però, sento un clima diverso, meno sospettoso. Un mio amico professore si fida solo di una coppia di romeni per la gestione di una villa. I bagni me li hanno rifatti degli idraulici romeni, e dovresti vedere che lavoro di precisione». D'accordo, ma non sono tutti così. Chi non ricorda, per restare a Roma, l'atroce destino di Giovanna Reggiani, nel novembre 2007 rapita, stuprata, abbandonata in un fosso per mano di un giovane romeno? «Se ci mettiamo a fare il conto di ciò che combiniamo noi italiani in materia di cronaca nera mi sa che vinciamo 8 a 2. Guarda di che cosa siamo capaci! Dispiace dirlo ma è così. Io la pianterei con sto razzismo: il marcio c'è dappertutto».
Le luci per la scena da girare sono pronte. Verdone deve chiudere la telefonata, lo chiamano. Ma prima una cosa vuole dirla. «Si sapeva che sarebbero arrivati, e in tanti. Sono persone che vengono da regimi tremendi. Per anni sono stati tenuti al gabbio, bastonati, una volta usciti si sono trasformati in cani ringhiosi. Azzannano, uccidono. Nessuna giustificazione, intendiamoci. Ma ripeto: bisogna distinguere. Ho conosciuto romeni e albanesi ai quali presterei casa mia. Poi, d'accordo, non sono tutti come il mio Adrian o il tuo Sebastian. Molti altri fanno paura».
E con la paura viene la diffidenza, la voglia di armarsi, difendersi. «Capisco. Prova a prendere la macchina, di sera, e girare per le periferie. Le case sono protette da grate e inferriate spesse così, dai primi agli ultimi piani. I romani vivono come "segregati", sono loro i veri carcerati. Anche le riunioni di condominio si sono trasformate in piccole guerre domestiche».
C'è tempo solo per una domanda su "Posti in piedi in Paradiso", storia di tre mariti gettati sul lastrico dagli alimenti da versare alle loro ex-mogli e costretti a vivere sotto uno stesso tetto, come degli universitari, solo che hanno dei figli. Uscirà nei primi mesi del 2012, prodotto da Aurelio De Laurentiis.
«Spero che il pubblico esca soddisfatto e divertito, ma anche un po' turbato, inquieto. Prima di iniziare questo film mi sono detto: o lo faccio ottimo o lascio. Il "caruccio" non mi interessa più. Devo essere soddisfatto del mio lavoro. Il film è la fotografia in forma di commedia agra di un Paese che non ce la fa più. Ci sono pensionati che prendono 520 euro al mese. Come vivono? Di caffelatte e fette biscottate?».