Giampiero Mughini per "Libero"
GIANPIERO MUGHINI INMUGHINATOLa cosa peggiore dell'andare ospiti al "Maurizio Costanzo Show"era che ci si andava gratis. Tutti. E del resto quel palco al Teatro Parioli è stato per molti una tale vetrina, un tale un trampolino di lancio professionale, che avrebbero dovuto loro mollare quattrini al padrone di casa e non l'inverso.
Comici che su quel palco hanno debuttato a bizzeffe, scrittori che stavano promuovendo un loro libro, attori che volevano segnalare a gran colpi di tamburo l'arrivo di un loro film o di un loro spettacolo, politici che volevano risultare accattivanti al pubblico popolare, aspiranti starlettesche magari non sapevano fare nulla ma che ne avevano di curve da mettere in mostra, per tutti loro erano manna i 120 minuti esatti che durava la registrazione dello show inventato da Maurizio Costanzo nel 1982.
Su 4391 puntate complessive che è durato il talk-show del Parioli, io ci sarò andato un centinaio di volte o poco meno. Un po' per ché Costanzo mi aveva preso in simpatia già quando ero un principiante del piccolo schermo, un po' perché in fatto di argomenti di cui chiacchierare so saltare di palo in frasca. E adesso che Costanzo ha appena abbandonato il Teatro Parioli, dopo 25 anni, presentiamogli le armi come si addice a un maestro.
MAURIZIO COSTANZONato nel 1982 su Retequattro il "Costanzo Show" prese la sua fisionomia e tutta la sua forza nel 1986, quando traslocò nella seconda serata di Canale5. Era lì la genialata, a un tempo in cui la seconda serata televisiva cominciava effettivamente poco dopo le undici di sera e vantava una platea ancora molto numerosa e più selezionata che non il pubblico "familiare" della prima serata televisiva.
Costanzo si impadronì alla grande di quel segmento del palinsesto, un segmento e un orario che gli permettevano di svariare meglio che non in un'eventuale prima serata troppo condizionata dal gusto del pubblico medio-basso. E tanto più che a quell'ora non aveva concorrenza. Di talk-show, di spettacoli fatti con le parole, in televisione ce n'era uno solo: il suo. E difatti il "Costanzo Show" ha cominciato a declinare quando nello stesso orario gli è andato contro Bruno Vespa, che aveva dalla sua la forza e l'attualità e lo strepitare della politica.
Dal 1986 e fino a tutti gli anni Novanta il Parioli è stato un tempio e un fortilizio della migliore televisione popolare. Voglio dire di una televisione che riesca a rivolgersi contemporaneamente al pubblico medio-basso, al pubblico medio e al pubblico alto. Al punto da "fare opinione", da creare vezzi, da lanciare personaggi, da costituire un appuntamento pressoché imperdibile. Quello di andare ospiti al Parioli era ogni volta un cerimoniale molto rigoroso.
COSTANZO SHOW Carmelo BeneEntravi da una porticina alla sinistra di chi guarda il teatro, una porticina su cui era scritto "ingresso artisti". Salivi i pochi gradini di una scaletta ed eri arrivato al piano su cui c'era il palco, che però aveva ancora le tende abbassate. Salivi ancora una sequenza gruppo di gradini e arrivavi al piano su cui c'era il localetto del "trucco e parrucco" e la stanza in cui Costanzo riceveva uno dopo l'altro i suoi ospiti. Una stanzetta piccola, con una poltrona e un tavolo su cui stava un piatto colmo di frutta.
Quel centinaio di volte che sono entrato in quella stanza, con Costanzo ci intendevamo con uno sguardo. In vent'anni di più non ci siamo mai detti, non ce n'era bisogno. Di fronte al locale del "trucco e parrucco" c'era una panchetta su cui quelli che avrebbero partecipato alla puntata - in media tra le sette e le nove persone, uomini e donne - sedevano e aspettavano. Siccome guardo poco la televisione, mi succedeva di avere accanto personaggi famosissimi e che però non riconoscevo.
COSTANZO SHOWUna volta mi si avvicinò, gentilissima, una che a me parve la donna più bella del mondo. Inconsapevole di stare incappando nella peggiore delle figuracce, le chiesi come si chiamasse. Era Afef. Sublime. Truccati e pettinati, aspettavamo. A un certo punto ci venivano a chiamare, ci "microfonavano", le tende si aprivano, uno dopo l'altro entravamo nel circo. Perché quello del Parioli era un circo, popolato di bestie belle e orribili. Com'è del resto nella natura della televisione, dov'è indispensabile il ringhio e il sorriso, l'"alto" e il "basso", chi sa di che cosa sta parlando e chi più la spara grossa meglio è.
BRUNO VESPAE tanto più che il domatore era il più esperto e cinico e astuto che si potesse immaginare. Sapeva tutto della commedia umana e dei suoi vizi. Gli bastava uno sguardo a capire di che pasta fosse fatto un personaggio. Sapeva a menadito come lisciare il pelo al suo pubblico. Se poteva, metteva assieme due ospiti in modo che andassero a testa bassa l'uno contro l'altro. Dava la corda a dei protagonisti della vita pubblica ma anche a dei mostri. Se qualcuno in scena esagerava in fatto di melensaggini, lui magari lo lasciava fare perché il melenso va a pennello al grosso pubblico.
AfefSapeva come "creare" un personaggio e come distruggerlo. Vezzeggiava i suoi ospiti più famosi, eppure dava a molti l'impressione di essere uno "contro". Di certo la pensarono così quei farabutti che piazzarono una bomba a un centinaio di metri dall'entrata del Parioli, e mentre l'auto con Maurizio e la sua compagna stava passando. Personalmente sono uno che non pronuncia mai la parola "mafia", una parola che mi sembra troppo facile da pronunciare e contro cui inveire.
LUCIANO DE CRESCENZOCerto è che le puntate del Parioli dedicate alla mafia e alla sue canagliate fecero sensazione. E poi c'erano le puntate cosidette "Uno contro tutti". Sul palco c'era un personaggio comunque noto e giù in platea eravamo dieci o quindici che dovevamo mancargli di rispetto. Sarà perché a me non piace mancare di rispetto a qualcuno, fatto è che a quelle puntate andavo malvolentieri.
Ricordo una puntata in cui sul palco c'era Luciano De Crescenzo, lo scrittore napoletano che in quel momento era al top di copie vendute in tutto il mondo. Qualche misirizzi cercava di sfotterlo dicendo che scriveva troppo "facile"; io lo difesi dicendo che i libri di De Crescenzo non erano affatto facili come sembrano. All'indomani mattina Luciano mi telefonò per ringraziarmi.
sal20 alba pariettiDissi di no la volta che mi invitarono per andare contro Carmelo Bene, che giudicavo un genio talmente inarrivabile. E difatti in quella puntata fece a pezzi i suoi interlocutori. Dissi di no pure la volta che avremmo dovuto andare contro Alba Parietti. Andare in tanti contro la Parietti? A tutto c'è un limite. E anche se quello di cui vive la televisione è esattamente la mancanza di limiti.