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1- È FINITA L’EPOCA DEI DINOSAURI DELL’AGO E DEL FILO? ARMANI LEGNA E PRADA E D&G NEMMENO GLI RISPONDONO. LO TRATTANO ORMAI COME UN POVERO VECCHIETTO MEZZO RIMBAMBITO DI SOLDI E DI COPERTINE ANCORA ATTACCATO ALL’ASOLA E AL BOTTONE 2- IDEM A PARIGI CON AZEDINE ALAIA CHE SBERTUCCIA IL KAISER LAGERFELD E ANNA WINTOUR 3- LAPIDE DI NATALIA ASPESI SU \"REPUBBLICA\" CHE CARICA IL DIVINO QUIRINO CONTI: “IL TEMPO PASSA, ANCHE TINTORETTO INVECCHIANDO AVEVA PERSO IL SUO SOMMO PRESTIGIO” 4- PER CONTI \"OGGI LA CREATIVITÀ È STIMOLO, GAG, BATTUTA, SORPRESA, GIOCO, AZZARDO, NELL´ARTE COME NELLA MODA. PRADA È CONTEMPORANEA, PERCHÉ ANCHE QUANDO COMMETTE ERRORI, SPERIMENTA, FA UN PASSO AVANTI VERSO LA MODERNITÀ\"

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GIORGIO ARMANI

1- DAGOREPORT
Il silenzio paga. A fronte dell'attacco diretto di Giorgio Armani a Prada, in particolare riguardo la sua quotazione sulla borsa di Hong Kong, Miuccia tace, deve farlo anche per non influenzare il titolo. Idem sentire per Dolce&Gabbana, dileggiati da Re Giorgino di baracconismo senza limitismo.

La signora Miuccia vende quattro borsette e due paia di scarpe, è vero, ma fra iniziative collaterali, passerella, impegno nell'arte e nella finanza, ha in pratica scalzato mediaticamente l'uomo che, nella pratica dei fatti, ha inventato il pret-a-porter. Ora è lei l'immaginifica creatura del fashion de' noantri (vedi le paginate di "Vanity Fair" americano in gloria del palazzo veneziano affitato per stiparlo di opere di Pascali e Koons, Fontana e Kapoor).

Perché sparare su Dolce&Gabbana. Beh, quello è pure per abitudine. Ci sono stati anni in cui gli stylist non potevano usare capi dell'uno e dell'altro accostati nella stessa foto.

Al di là delle Alpi, capita un po' la stessa cosa. Almeno così dicono i media italiani e stranieri abbinando fatti e dichiarazioni. Azedine Alaia si scaglia contro il "caricaturale" Kaiser Karl Lagerfeld (direttore creativo di Chanel) e contro la potentissima direttrice di Vogue America, la diavolessa Anna Wintour, rea di non avere gusto (e certo non ha mai messo un suo vestito sul suo giornale).

miuccia prada e Patrizio Bertelli

Il franco-tunisino Azedine, che nel luglio nel 2007 è tornato in auge dopo aver firmato un accordo con il gruppo Prada, è un Davide incazzatato, con poco o nulla da perdere, che cerca di sfiondare quel paio di Golia che in Francia fanno il buono e, soprattutto, il cattivo tempo (sì, anche Anna Wintour ha recuperato molto terreno da quelle parti da quando la potente direttora di 'Vogue Paris', Carine Roitfeld è uscita di scena, qualche mese fa, per una vicenda non troppo chiara che riguarda una collezione d'alta moda "consegnata all'indirizzo sbagliato").

Giorgino, invece, dall'alto dei suoi utili, ha bisogno di ritrovare un proscenio senza buttare milioni di euro dalla finestra in palazzi veneziani inzeppati di tele e sculture e promozione mediatica su tutti i giornali per ottenere il consenso di carta. L'ex vetrinista della Rinascente ci ha provato togliendo le giacche dalla sfilata e sostituendo i pantaloni classici con quelli da ginnastica (sembrano inezie a chi la moda non la fa, ma nel suo caso è come togliere i pilastri a un ponte, tant'è che alla fine di quelle sfilate the king dell'ago e del filo si precipitava a dire ai giornalisti perplessi: In negozio poi si trova tutto, giacche e pantaloni a profusione).

dolce-gabbana

Ma ormai a far notizia sono le quotazioni, l'arte da amare e promuovere, lo show a ogni costo... l'abito in sé non fa più notizia, il mercato del pronto (soccorso) moda si porta a casa pure le creazioni firmate dai grandi stilisti... E così, alla fine, volano gli stracci.

2- IL DUELLO ARMANI PRADA PER LO SCETTRO DELLA MODA
Natalia Aspesi per "la Repubblica"

E meno male che misteriosamente le italiane vanno ancora pazze per borse e scarpe firmate, e meno male che gli italiani giovani e non solo, affidano il loro imperio erotico alle mutande col celebre logo; e meno male che i cronisti sono ormai abituati a trovare fantastici certi immancabili travestimenti che sfilano sulle passerelle anche milanesi, e nelle ultime dedicate all´uomo hanno mandato in delirio i soliti pantaloni col cavallo al ginocchio, gli usuali completi di seta stampata come foulard, e molto applaudita, la camicia di rete stile canottiera bossiana.

KARL LAGERFELD

Nel 2010, anche per merito della passione per borse, scarpe e mutande, la moda italiana è parzialmente uscita dalla crisi e secondo la Federazione Tessile e Moda, le vendite globali hanno superato gli 8 miliardi e 100 milioni di euro, e quelle di abbigliamento maschile sono aumentate del 7,2%, quindi era giusta l´euforia della settimana milanese.

Alla fine della quale non è mancato il tradizionale sermone che il sempre più guru Giorgio Armani ha tenuto davanti alla stampa trepidante e contentissima di aver finalmente qualcosa da scrivere, che non fosse un plauso incantato al baschetto col pompon e al bel modello cui si è arrivati a dedicare un libro fotografico, si immagina per la gioia di signore attempate e di giovani gay.

Infatti tra un autoelogio e l´altro il più celebre dei nostri stilisti, a capo tutto solo della sua fortunata maison, che adesso ha aggiunto a ogni sorta di abbigliamento anche i mobili e gli alberghi, ha attaccato i colleghi più prestigiosi per tre ragioni: perché fanno sfilate show (menomale, se no perché farle?), perché ricorrono alla Borsa (invece lui, dice, non dipende da nessuno) e perché, questo se lo sussurrano i giornalisti, per queste ragioni la stampa parla più spesso dei suoi rivali che di lui.

Azzendine Alaia

L´attacco va soprattutto a Prada che proprio oggi dovrebbe entrare alla Borsa di Hong Kong, ma da quegli uffici, come sempre elegante silenzio, perché delle piccole polemiche che nel mondo della moda paiono giganti, loro se ne son sempre fregati. Ma per dire, basta niente perché quelli della moda escano dal torpore anche all´estero, e per esempio improvvisamente in Francia l´un tempo venerato Azedine Alaia, ha svillaneggiato non si sa perché il più noto e certo vistoso collega Lagerfeld, definendolo "una caricatura", uno che "non ha mai toccato un paio di forbici", come del resto la maggior parte degli stilisti.

Doveva essere davvero nervoso il sarto francotunisino per prendersela anche con la direttrice di Vogue America Anne Wintour perché oltre «ad avere un pessimo gusto, passa il tempo a spaventare tutti». Sarebbe meglio dire che, irragionevolmente, avendola davanti tutti si spaventano per conto loro, però, dice Azedine, «Quando mi vede è lei ad aver paura» e questa deve essere una bella soddisfazione per uno che non è mai riuscito a far pubblicare una sua creazione sulla rivista della signora.

MET GALA- ANNA WINTOUR

Non si conosce se l´attaccato, sempre vestito da cavaliere di Lagardére risponderà, ma intanto l´industria della moda per fortuna vive di cose più concrete: decine di marchi italiani anche molto noti, durante la crisi sono stati rilevati da banche e fondi con scambi frenetici tra di loro, salvandone qualcuno e altri no. Ma da mesi ormai è diventata di moda la Borsa, e per esempio Salvatore Ferragamo che dovrebbe quotarsi il 29 giugno, sta già facendo pubblicità per vendere le sue azioni.

Anche Brunello Cucinelli, l´industriale umbro del sempre più fiorente marchio di abbigliamento di cachemire di massimo lusso, sta valutando l´ipotesi di quotarsi a Piazza Affari: mentre Prada è ricorsa alla borsa di Hong Kong, al centro di quell´immenso mercato asiatico mai sazio di lusso italiano e che assorbe una parte notevole della nostra produzione di alto livello e costo notevole, in stallo in Italia.

Ma perché star come Armani, padrone assoluto di un´azienda dai grandi fatturati e guadagni, conosciuto in ogni più disperso angolo del mondo, tuttora il numero uno della moda, attacca i colleghi che, più giovani, affrontano il loro business con meno solennità e un diverso approccio al mercato? È l´architetto Quirino Conti, filosofo dello stile, esploratore dei segreti più nascosti della storia della moda e dei suoi eroi, a ricordare che tra sarti e stilisti sono sempre esistiti antagonismi grandiosi e gelosie furibonde: Chanel e Schiaparelli, Armani e Versace, adesso Alaia e Lagerfeld, Armani e Prada.

Quirino Conti

In quest´ultimo caso, dice Conti, la provocazione di Armani che pur rimane senza risposta, «nasconde dietro alla cortina di allusioni commerciali, imprenditoriali, finanziarie, una sfida fondamentale su un tema incandescente, che è il peso sociale, estetico, culturale, della moda». Non bisogna dimenticare che la moda italiana deve tutto ad Armani, che è stato lui a trasformare le sfilate milanesi «in un capolavoro di dignità e credibilità. Ma il tempo passa, anche Tintoretto invecchiando aveva perso il suo sommo prestigio».

Per più di un decennio, dalla famosa copertina di Time dei primi anni ´80, Armani ha interpretato la sua epoca, ha dato una immagine di massima contemporaneità alle donne. «Adesso tocca a lei, a Miuccia Prada, il tempo della creatività oggi è suo, senza togliere nulla a quello che è stato, che è il grande stilista-imprenditore».

Come molti altri gran signori della moda, Pinault, Trussardi, Della Valle, anche Miuccia Prada e suo marito Patrizio Bertelli si sono avvicinati da tempo all´arte contemporanea, diventandone sia collezionisti che mecenati: Ma, dice Conti, «la signora Prada non si limita a collezionare, non è estranea, spettatrice dell´arte: ha anche lei un animo da artista del suo tempo, con cui affronta la moda».

Natalia Aspesi

Attualmente la loro Fondazione diretta da Germano Celant espone una parte della loro grande collezione a Venezia, nel settecentesco palazzo Ca´ Corner della Regina, in collegamento con la Biennale. Vanity Fair America ha chiamato a fotografare la mostra l´artista inglese Sam Taylor Wood, e alla rivista Miuccia Prada ha spiegato perché segue tanto l´arte contemporanea: «Vogliamo fare qualcosa di vivo, perché per quanto si critichi l´arte per essere commerciale, è comunque tuttora un luogo di libertà, di pensiero, di creatività».

Azzendine Alaia con Grace Jones

Per Conti «oggi la creatività è stimolo, gag, battuta, sorpresa, gioco, azzardo, nell´arte come nella moda. Prada è contemporanea, all´avanguardia, perché anche quando commette errori, sperimenta, fa un passo avanti verso la modernità. È per questo che ogni sua sfilata, ogni mostra della sua Fondazione, suscita scalpore, obbliga l´informazione a occuparsene. Anche quando la sua moda pare brutta, contiene un tocco di genio che rende oggi Miuccia Prada unica».

La moda intanto ha preso una sua strada: sta riempiendo il mondo di abbigliamento a basso prezzo, magari disegnato da stilisti celebri, con grandi negozi ovunque. I desideri si sono fatti modesti ma realizzabili: forse non avremo mai più una giacca Armani o un paio di pantaloni Prada, per non parlare degli abiti da sera con strascico che intasavano il festival di Cannes (imprestati alle dive più la mancia, ma venduti a montagne tra i ricchi dell´Est e dell´Asia), però ci vanno benissimo le camicie ultima moda di produzione industriale italiana, o spagnola, o svedese, da euro 9,90 l´una.

 


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