Fabio Pavesi per "Plus24 - il Sole 24 Ore"
FABRIZIO DI AMATOEra un gioiellino, ora pare un titolo di cui liberarsi prima possibile. Del resto come leggere quel continuo rovinare a valle di Maire Tecnimont, la società di impiantistica che a inizio settimana è scivolata dell'8% e mercoledì del 14 per cento. Giovedì un barlume di riscatto con la risalita a 1,31 euro. Per ora sembrano ricoperture tecniche dopo il crollo del 51% occorso nell'ultimo mese. Così nello spazio di un mattino la società milanese ha visto andare in fumo oltre due anni di performance positive.
A questi prezzi il titolo è tornati infatti ai livelli del febbraio 2009. La caduta rovinosa è la coda lunga del profit warning del 13 maggio scorso, quando la società guidata da Fabrizio Di Amato ha rivelato una trimestrale inferiori alle attese e, soprattutto, ha annunciato che le stime sull'intero 2011 che aveva diffuso solo un mese prima non erano più valide. Da allora un vero e proprio fuggi fuggi da parte degli investitori con metà del valore lasciato sul campo. E neppure le spiegazioni sull'andamento del business, sollecitate da Consob, pare abbiano rasserenato il mercato.
Ma questa pioggia di vendite è giustificata? Sul fronte psicologico pare proprio di sì. «La realtà - spiega Mauro Vicini a capo della ricerca di Websim.it - è che il mercato è stato colto assolutamente di sorpresa. La società non aveva assolutamente fatto percepire l'arrivo di un profit warning di quelle dimensioni. Negli Usa si tende a preavvertire il mercato, in Italia accade molto raramente».
MaireTecnimontDel resto, continua Vicini, «il momento è delicato, si naviga a vista sul fronte macro-economico e le aziende dovrebbero muoversi con più cautela. Inoltre la liquidità in questa fase è scarsa; le banche chiedono mezzi freschi in modo importante e l'interesse per il mercato domestico è modesto. Basta un niente per far precipitare le situazioni».
Ma la malattia di Maire Tecnimont è così grave, tale da non riprendersi? Guardando i numeri il nodo è in Brasile e nella divisione energia. Ritardi nella costruzione di due centrali avrebbero portato a una caduta dei ricavi nel primo trimestre. Ma basta tutto ciò a giustificare la fuga degli investitori, da un titolo che nel biennio 2009-2010 aveva triplicato le quotazioni?
Luca cordero di MontezemoloIn effetti non solo l'energia soffre con il margine operativo lordo sul fatturato andato a zero nel primo trimestre, ma anche l'area più forte legata alla petrolchimica mostra segnali di cedimento. Il margine industriale sul fatturato che stava costantemente tra il 9 e il 10% negli ultimi due anni si è di fatto dimezzato nel corso in un solo trimestre. Oggi si viaggia al 5,4% nel rapporto tra mol e ricavi. Le speranze di ripresa del titolo sono legate al portafoglio ordini cresciuto ancora del 35% anno su anno a quota 5,1 miliardi. Da lì e dalla bontà di quel portafoglio Maire può tentate di ripartire. Resta il tema della fiducia del mercato. Facile perderla, difficile recuperarla.
2- ARCHEO: MIRACOLO TECNIMONT
Peter Gomez e Vittorio Malagutti per l'Espresso - pubblicato nel 2007
Il padre della sua compagna si chiama Roberto Poli, commercialista di gran fama, ascoltato consulente di Silvio Berlusconi nonché presidente dell'Eni. Nella cerchia dei suoi amici più stretti spicca il nome di Luca Cordero di Montezemolo con cui nel recente passato ha condiviso più di un affare.
E al suo fianco, come unico socio di minoranza, troviamo Giovanni Malagò, nome di spicco del bel mondo della capitale, tra salotti, politica e finanza. Sono queste le frequentazioni eccellenti che fanno da contorno alla rapidissima ascesa di Fabrizio Di Amato, l'imprenditore romano felicemente approdato in Borsa al timone del gruppo Maire Tecnimont, marchio di fama mondiale nell'impiantistica e nell'ingegneria industriale.
"Non è un punto di arrivo, ma di partenza", ha detto Di Amato commentando l'esordio sul listino, andato in scena con qualche affanno lunedì 26 novembre. Sarà. Ma a leggere i bilanci e i rendiconti di gestione sembra davvero che il patron di Maire Tecnimont, 44 anni, abbia centrato il bingo della vita. Grazie al collocamento pubblico delle sue azioni è riuscito a incassare personalmente una somma vicina a 180 milioni di euro.
Fabrizio di AmatoE anche l'amico Malagò può brindare a champagne. Alla fine del 2005 aveva investito circa 2,3 milioni sulla futura matricola di Borsa. Adesso ha venduto sul mercato metà della sua quota per quasi 19 milioni di euro, con un guadagno netto superiore a 17 milioni. In pratica il valore dell'investimento si è rivalutato di quasi 20 volte nel giro di soli due anni.
Miracoli della finanza. E pensare che fino al 2003 l'ambizioso Di Amato, un tipo brillante, creativo, dalle mille relazioni, era solo un piccolo costruttore, che partito da zero si era fatto conoscere più che altro per l'appalto dei lavori all'Ara Pacis e per l'impegno da vicepresidente del Rieti calcio al fianco di Enrico Gasbarra, ex vicesindaco di Roma e attuale presidente della Provincia.
A quei tempi la Borsa sembrava un sogno irraggiungibile: nel 2004, una perizia redatta da un esperto indipendente su incarico delle stesso Di Amato, aveva valutato il suo gruppo di aziende intorno ai 27 milioni di euro. È da lì che parte una rimonta spettacolare, scandita da una sarabanda di fusioni societarie, compravendite incrociate, giochi di sponda finanziari. Il presidente e amministratore delegato di Maire Tecnimont investe di suo non più di una manciata di milioni.
Peter GomezEt voilà: a giochi fatti, Di Amato si presenta ai mercati finanziari alla guida di un gruppo industriale da quasi un miliardo di euro, secondo quanto si legge nel prospetto per il collocamento delle azioni al pubblico. Partecipa alle danze anche una pattuglia di banche, capitanate da Unicredito e Intesa Sanpaolo, pronte ad appoggiare a suon di prestiti questa velocissima rincorsa ai cieli dell'alta finanza.
vittorio malaguttiTutto comincia quattro anni fa da Torino, dalla Fiat. Il colosso dell'auto, a quell'epoca guidato dall'amministratore delegato Giuseppe Morchio, cerca compratori per le sue attività di ingegneria industriale. Mica facile. La Torno dell'imprenditore italo-argentino Carlos Alberto Bulgheroni si è sfilata e al tavolo dei negoziati non si profilano offerte credibili.
Fino a quando, in autunno, non spunta all'orizzonte l'outsider Di Amato. Outsider per modo di dire, perché il rapporto con Montezemolo, amministratore del gruppo torinese in attesa di diventarne presidente nel maggio del 2004, gli garantisce un aggancio ai vertici della casa automobilistica. Non per niente i due amici condividono alcune iniziative.
A fine 2003 Di Amato investe nel fondo lussemburghese Charme, lanciato da Montezemolo. Poi, nel marzo 2004, nasce la Mdg real estate, una società immobiliare romana partecipata al 50 per cento dalla famiglia del futuro presidente di Confindustria, con Di Amato al 25 per cento, una quota destinata in breve tempo a raddoppiare.
Intanto, a febbraio del 2004 la Fiat Engineering passa di mano. L'azienda viene valutata 115 milioni. Il compratore Di Amato, però, non apre neppure il portafoglio. Le banche gli concedono un prestito di 80 milioni e al resto ci pensa Fiat che si tiene una partecipazione del 30 per cento, girata nel 2005 (quando Montezemolo è già presidente) al partner di maggioranza.
EDISONQuesto però è soltanto il primo passo. L'anno successivo viene messa in vendita anche la Tecnimont, griffe prestigiosa dell'impiantistica petrolchimica di cui la Edison, ormai lanciatissima nella produzione di energia, vorrebbe liberarsi al più presto. Il neo proprietario della Fiat engineering, nel frattempo ribattezzata Maire engineering, coglie al volo l'occasione.
In un sol colpo, grazie alla nuova acquisizione, raddoppia i confini del suo gruppo. L'operazione, annunciata al mercato nel luglio 2005, costa almeno 180 milioni. Di Amato però tutti quei soldi non ce li ha. Niente paura. In suo soccorso arrivano le banche con alcuni provvidenziali prestiti. Inoltre, il venditore, cioè la Edison, accorda una dilazione di pagamento su una quota, circa 80 milioni, del prezzo di cessione. Al resto ci pensa l'ingegneria finanziaria.
MATTEO CORDERO DI MONTEZEMOLOUn vero capolavoro. In pratica, la Tecnimont viene in buona parte pagata attingendo alla cassa della stessa Tecnimont. Come? Seguendo passo passo il percorso tortuoso delle operazioni societarie, si scopre che la capogruppo Maire holding nell'ottobre del 2005 ha girato alla Tecnimont il 67,4 per cento della Maire engineering, cioè la Fiat engineering che ha assorbito anche le piccole aziende di Di Amato.
La partecipazione passa di mano per 115 milioni, sulla base di una perizia redatta dal commercialista romano Giovanni Fiori. La somma torna utile per saldare una parte del debito verso Edison. Il cerchio così si chiude. Vale la pena sottolineare che in quest'ultimo passaggio il valore aziendale della Maire engineering viene fissato a circa 170 milioni. Solo un anno prima le stesse attività erano state vendute dalla Fiat per 115 milioni. Una cifra a cui vanno aggiunti i 27 milioni delle aziende conferite dall'imprenditore romano. Morale: Di Amato ha comprato a 142 milioni ed è riuscito a rivendere a se stesso per 170.
A questo punto, siamo nel 2006, il costruttore romano mette nel mirino il traguardo della Borsa. A conferma di una solida amicizia, nel consiglio di amministrazione delle sue holding fa il suo ingresso il giovane Matteo Cordero di Montezemolo, che lascerà l'incarico nell'aprile di quest'anno.
Roberto PoliPer Poli, il padre della compagna di Di Amato, è pronta invece una poltrona di amministratore della Maire Tecnimont. E visto che i due non sono sposati, il prospetto informativo si premura di chiarire che: "Nessuno dei membri del consiglio di amministrazione ha rapporti di parentela con i principali dirigenti della società".
Il neonato gruppo impiantistico vale ormai oltre un miliardo di giro d'affari, ma si muove a due velocità. La ex Fiat Engineering perde quota. Le vecchie commesse si stanno esaurendo e quelle nuove tardano ad arrivare. La Tecnimont invece fa incetta di appalti, soprattutto nel Medio Oriente. Il portafoglio ordini fermo a 2 miliardi nel 2005 arriva a superare i 5 miliardi nel giugno scorso.
Questa aggressiva politica commerciale comincia a dare frutti concreti proprio quest'anno. Risultato: il fatturato del gruppo Maire Tecnimont s'impenna. Quasi 800 milioni nei primi sei mesi del 2007 con 25 milioni di utile. Sono i numeri giusti per presentarsi all'appuntamento con i mercati finanziari. E per tentare di convincere gli investitori che vale la pena di pagare quasi un miliardo di euro per un complesso di attività valutate 350 milioni solo un paio di anni prima.