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IL PARA-CULO CHE NON PARA - LA CADUTA NEGLI INFERI DELLO SCIAGURATO PAOLONI, UN PO’ PORTIERE UN PO’ GIOCATORE D’AZZARDO COMPULSIVO - DALLE COMBINE AI SEDATIVI, FINO AI PRESTITI CHIESTI AI COLLEGHI E LE RICARICHE TELEFONICHE PAGATE DALLA MOGLIE FURIOSA: “VAFFANCULO A TE E TUTTE LE CAZZATE CHE SPARI, VAFFANCULO ALLA VITA CHE MI STAI FACENDO FARE... SEI COSÌ BUGIARDO CHE HAI GIURATO SU TUA FIGLIA”…

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Niccolò Zancan per "la Stampa"

MARCO PAOLONI VIENE PORTATO IN CARCERE

"Amò, grazie per la ricarica». Era un portiere di belle speranze, scommetteva su tutto e tutto ha perduto: il successo, i soldi, la famiglia, la libertà. Negli ultimi giorni Marco Paoloni era così inguaiato da non potersi permettere neppure una telefonata alle moglie. Senza credito, senza pace, sempre a caccia della scommessa in grado di salvargli la vita, come un tossico insegue il suo pusher. «Il Paoloni» era all'inferno.

Dissociato. Un po' portiere, un po' giocatore d'azzardo compulsivo. Vale ad esempio la memorabile intercettazione in cui commenta con Massimo Erodiani - complice scommettitore - la partita Benevento-Viareggio. È finita malissimo per la sua squadra, i tifosi sono inferociti, ma è andata bene per la loro scommessa. Erodiani: «Hai fatto qualche cazzata tu?» E Paoloni: «No, no... Benissimo... Ho fatto due belle parate.. Quello è stato un eurogol». Come dire: imparabile. Perché certe volte il destino ti apparecchia il risultato che vuoi senza neppure obbligarti a una figuraccia.

Adesso la moglie Michela piange davanti al carcere di Cremona. Scende da una Mercedes vestita tutta di nero, come a lutto. Ma è sempre la moglie di un calciatore: le sopracciglia perfette, il Rolex, i Ray-Ban, un ciondolo di brillanti con il nome della loro bambina. «Marco è malato - dice fra i singhiozzi - io lo sapevo, cercavo di dirglielo in tutti i modi. Quando gli toglievo il computer, tornava a casa con le tasche piene di Gratta e Vinci. Se non scommetteva sul calcio, puntava sull'hockey. Ho cercato di spiegargli tante volte che aveva bisogno di uno psicologo».

MICHELA MOGLIE DI PAOLONI

Paoloni in cella non mangia. Scoppia a piangere davanti all'avvocato. Stringe le foto della sua bambina, che proprio ieri ha compiuto tre anni. Si sfoga con le guardie carcerarie: «Sono una merda, ho messo nei guai anche mia moglie». Un ragazzone di 27 anni: jeans al ginocchio e maglietta bianca. Il fulcro dell'inchiesta persino per gli altri indagati, quando non sapevano di essere intercettati: «È tutto il Paoloni».

Sempre lui. Quello che si indebita per 120 mila euro. Quello che scappa dalla direttrice di banca. Lui che mente per impietosire:«Guadagno solo 1500 euro al mese». Il portiere che riempie di tranquillanti le borracce dei compagni per farli giocare male e ottiene un doppio insuccesso: perché la sua Cremonese vince nonostante il Minias e da quel momento diventa un osservato speciale.

Sempre lui. Il marito che frega i soldi in casa: «Scusa amò, ti ho preso solo un assegno». E Michela: «Vaff...a te e tutte le c...che spari, vaff...a la vita che mi stai facendo fare...vaff...a tutto, sei così bugiardo da avere pure giurato su Giulia... Non ti meriti il mio amore. Tu non cambi, tu non ti sacrifichi, tu non ti impegni».

Marco Paoloni portiere

Marco Paoloni è sempre in giro a spergiurare e chiedere prestiti. Ottiene 20 mila euro dall'ex portiere Taibi, che stanco di non riaverli indietro, a un certo punto, gli dice: «Non vorrei che tutte le chiacchiere non belle su di te fossero vere. Ricordati che hai una bimba. Aspetto tue notizie». E Paoloni: «Massimo, ti giuro su Giulia che sono tutte cavolate, stai tranquillo, non sono uno stupido...».

È un uomo nei guai fino al collo, nonostante il bene che gli vogliono. Il suocero gli scrive un sms: «Caro Marco, non ti sono bastate tutte le opportunità che hai avuto? Ti abbiamo accolto nella nostra famiglia per proteggerti, ci hai tradito nel peggiore dei modi». Sono i giorni in cui quelli dell'organizzazione hanno parole così: «Qui è un bordello, quello è da ammazzare». Ammazzare il Paoloni che para quando non dovrebbe, che gioca bene contro le sue stesse scommesse, in piena crisi di identità.

MARCO Paoloni

«Era un portiere promettente - dice adesso Massimiliano Taibi - era un amico. Per questo gli ho imprestato i soldi. E la mia non era una minaccia, ma un modo per fargli capire che continuando in quel modo avrebbe rischiato di perdere tutto». Ormai come portiere è coniugato al passato. Forse questa è l'unica certezza già scritta, molto prima che si pronuncino i giudici di tutti i tribunali. «Marco era tecnicamente forte - dice ancora Taibi - tempestivo nelle uscite basse, coraggioso, forse un po' troppo esuberante».

Alla fine Marco Paoloni sbaglia anche le uscite, non azzecca più una scommessa. Millanta conoscenze per rendere autorevole il suo parere caduto in disgrazia. Si gioca i nomi dei vecchi compagni, che hanno fatto più strada di lui. «Puntate sull'over, ci stanno tutti». E invece Inter-Lecce finisce 1-0. L'ennesimo disastro.

paoloni

Ma come ha fatto a ridursi così? «Ha incontrato le persone sbagliate nel momento sbagliato - dice l'avvocato Emanuela Di Paolo - c'è stato un blackout nella sua mente fragile. Ma adesso è sollevato all'idea di poter chiarire tutto davanti al magistrato».

Oggi è il giorno di Paoloni, nato a Civitavecchia il 21 febbraio 1984. Il padre Armando faceva il portuale ed è morto d'infarto, la madre Rosaria prega per lui. Era un bravo giocatore, ma non bravissimo. Andava in vacanza in Sardegna: «Ma mica a Porto Cervo...».

 


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