Vittorio Malagutti per "il Fatto quotidiano"
ANGELO DARIO SCOTTIEnergia pulita? Chiedete al dottor Scotti. Sì proprio lui, Dario Scotti, quello del riso, che ieri è finito agli arresti domiciliari con un'accusa pesante. La sua azienda ha pagato alcuni funzionari pubblici per taroccare l'esito di un'ispezione alla centrale elettrica alimentata a biomasse controllata dal gruppo alimentare di Pavia.
"Tutto il Gse lubrificato", si è lasciato sfuggire al telefono (intercettato) Nicola Ostellino, ingaggiato come consulente dalla Scotti. Il Gse, una sigla che sta per Gestore dei servizi energetici, è la società di Stato che si occupa tra l'altro di erogare gli incentivi pubblici per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Vengono da lì i contributi, almeno 7 milioni di euro, che secondo l'accusa sarebbero stati illecitamente incassati dall'azienda pavese.
Scotti, presidente e proprietario dell'omonima azienda, avrebbe avallato il pagamento di una mazzetta di almeno 115 mila euro. In cambio i funzionari del Gse hanno chiuso tutti e due gli occhi di fronte alle irregolarità rilevate. E così, ieri, con l'accusa di corruzione è finito in carcere Franco Centili, funzionario del Gse (ora in pensione ), mentre il suo collega Andrea Raffaelli è andato ai domiciliari, come pure Nicola Farina, commercialista di fiducia della Scotti. Il procuratore Ilda Bocassini della direzione distrettuale antimafia di Milano (competente per legge sul traffico di rifiuti) aveva chiesto l'arresto anche del consulente Ostellino che però quando è scattata l'operazione era irreperibile.
Ilda BoccassiniLa truffa andava avanti almeno dal 2005. La centrale avrebbe dovuto essere alimentata da biomasse, in particolare la lolla, uno scarto di lavorazione del riso. E l'energia prodotta in questo modo può essere venduta a prezzo maggiorato con le sovvenzioni di Stato. Invece nel termovalorizzatore della Scotti sono stati bruciati rifiuti di ogni tipo, compresi quelli pericolosi. L'azienda quindi guadagnava due volte.
Da una parte si faceva pagare per lo smaltimento di monnezza proveniente da tutta Italia. Dall'altra incassava i soldi pubblici. La frode ai danni dello Stato, così come il traffico illecito di rifiuti, è stata documentata da una lunga inchiesta della Forestale, iniziata quasi tre anni fa. Già nel novembre scorso le indagini avevano portato al sequestro della centrale e all'arresto di Giorgio Radice, presidente della Scotti energia e di Giorgio Francesco-ne, responsabile del termovalorizzatore.
Riso Scotti EnergiaProprio Francescone interrogato nelle settimane scorse aveva confermato il pagamento della mazzetta. Per coprire la tangente la Scotti si è servita di una società ombra statunitense a cui è stata commissionata una falsa consulenza. Secondo la ricostruzione degli investigatori, quei soldi sono serviti a cambiare da negativo a positivo l'esito di un'ispezione disposta dal Gse alla Scotti energia.
Il 14 maggio 2009 infatti i funzionari della società pubblica avevano rilevato una serie di irregolarità. Non solo l'impianto veniva alimentato da una miscela di rifiuti ben diversa dalla semplice lolla. Peggio: le caratteristiche tecniche del termovalorizzatore erano diverse da quelle autorizzate. Viene disposto il blocco della centrale e la restituzione di 7 milioni di contributi pubblici.
Nelle settimane successive i vertici della Scotti fanno di tutto per ribaltare il verdetto. Gli agenti della Forestale intercettano numerose telefonate in cui i dirigenti dell'azienda pavese raccontano quello che appare come un negoziato con alcuni dirigenti dell'ente pubblico, che ieri si è dichiarato parte lesa.
scottiDalle indagini emerge che Radice, presidente di Scotti energia, a metà novembre 2009 fissa un incontro con Luca Barberis, direttore commerciale del Gse. Intanto nell'ombra si muovono il consulente Ostellino, l'ex funzionario Centili e Raffaelli, dipendente della società pubblica. Raffaelli, secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, faceva parte del gruppo che si è occupato della prima verifica, nel maggio 2009.
Alla fine, il 10 dicembre 2009, arriva dietro front. Una nota firmata da Gerardo Montanino, direttore operativo del Gse, ribalta la precedente decisione sulla Scotti. La centrale può ricominciare a funzionare. Insomma, tutto a posto. Se non fosse per quelle parole di troppo al telefono: "Tutto il Gse lubrificato". Una frase che spalanca la porta alle accuse. E agli arresti.