Fabio Martini per "La Stampa"
michele santoro anno zeroPiù che un'azienda, una seconda mamma. Michele Santoro, assieme a Mamma-Rai, ha trascorso metà della sua vita, un idillio durato 29 anni e iniziato quando il presidente del Consiglio si chiamava Giovanni Spadolini. Ma ora a pochi giorni dal suo sessantesimo compleanno Santoro ha deciso di tagliare il cordone ombelicale. Diventerà il profeta di Telesogno, vagheggiata e abortita qualche anno fa?
Oppure, ennesimo, possibile colpo di scena, lascerà il tetto della Mamma, ma per tornarvi periodicamente con alcune serate-evento, magari su RaiUno? Ovunque andrà, con chiunque si sposerà, Santoro si porterà dietro una robusta dote: milioni di telespettatori, fino a sei a puntata, fidelizzati anno per anno, settimana per settimana.
Giampaolo PansaUn pubblico vasto che si ritrova in lui e che lui, in qualche modo ha forgiato, modellando un modo di pensare, di indignarsi. Secondo una ideologia che Santoro ha confidato una volta per sempre a Gianpaolo Pansa in una intervista del 1991, nei primi anni della sua stagione: «I partiti non saranno così stupidi da tagliare la lingua a Samarcanda e noi continueremo a rompere».
Il suo credo è sempre stato lo stesso: rompere. Sostenere tutti i leader «anti-sistema». Se c'è una costante nei suoi 24 anni di conduzione - un «regno» più lungo di quello di Mussolini - è stato proprio l'appoggio a tutti i leader «contro» che via via apparivano sullo scenario politico. Un formidabile «producer» di classe dirigente.
E non solo di sinistra. Certo, tutti ricordano gli «spot» per Leoluca Orlando o per Nichi Vendola, per Fausto Bertinotti o per Luigi De Magistris. Ma con la memoria corta di questi tempi si è perso il ricordo di quel giovedì di aprile del 1993 che precedeva il referendum sulla preferenza unica destinato a far cadere la Prima Repubblica. Ebbene, quel giorno Santoro ospita e lancia Mariotto Segni, un democristiano gollista.
Mario SegniAll'inizio degli Anni Novanta, quando il segretario dell'Msi Gianfranco Fini è il capo di un partito nostalgico e post-fascista, è proprio Santoro a lanciarlo in pompa magna. Ricorda Francesco Storace, allora capo ufficio stampa dell'Msi: «Allora nessuno ci filava, ma dopo un paio di pranzi riservatissimi con Alessandro Curzi, cui piaceva creare contraddizioni antiDc, si aprirono le porte di Samarcanda. E poi durante le Comunali di Roma del 1993 proprio Santoro fu connivente in occasione di uno "scherzo" che avevo organizzato per destabilizzare emotivamente Francesco Rutelli in un duello televisivo con Fini».
E nel 1995, quando Silvio Berlusconi è all'opposizione - e a suo modo è un leader «contro» - Santoro chiama a sé persino il Cavaliere. Allora l'eterna Samarcanda delle origini si chiamava «Tempo reale» e andava in onda su RaiTre. Una sorta di «una tantum»: dopo di allora Berlusconi non avrebbe più rimesso piede in uno studio di Santoro.
FRANCESCO STORACEAnzi, appena torna presidente del Consiglio, il 18 aprile del 2002, Silvio Berlusconi durante una conferenza stampa a Sofia scaglia parole fiammeggianti contro Santoro, il comico Daniele Luttazzi ed Enzo Biagi, definiti «individui che hanno fatto un uso criminoso della televisione pubblica». Una scomunica che passa alla storia come l'editto bulgaro e che consente a Santoro di ergersi a vittima. A dispetto di trasmissioni di grande impatto e di grande successo, ma connotate da un'accusa costante: quella di faziosità.
DANIELE LUTTAZZINel corso di quasi tre decenni, Santoro è riuscito a costruire un format sempre uguale a se stesso: il filo narrativo tenuto in mano dal conduttore, le interruzioni mirate, una regia molto accorta (con le inquadrature al momento giusto della smorfia del «buono» in risposta a qualche battuta sgradita del «cattivo»), l'interazione della piazza nel momento più «opportuno», gli «sceneggiati»: tutto è sempre servito per trainare la trasmissione verso la tesi decisa a tavolino dal suo leader. Qualche giorno fa Berlusconi è arrivato ad attribuire a Santoro la principale colpa per la sua sconfitta, definendo «micidiale» il programma Annozero.
biagi enzoUna tesi hard che proprio Santoro ha ridimensionato: «Se avesse ragione lui, che bastano pochi minuti di un servizio micidiale per mettere sotto la credibilità accumulata da Tg1, Tg2, Tg4, Tg5, allora vivremmo in un mondo alla rovescia». Ma è pur vero che da anni si è formata a sinistra un'area di opinione, un polo dell'intransigenza con una sua ideologia, i suoi organi di informazione, i suoi siti web, i suoi leader politici (Nichi Vendola, Antonio Di Pietro, Luigi De Magistris), il suo Pantheon ideale (nel quale sono accomunati personaggi tra loro lontanissimi come Enrico Berlinguer e Indro Montanelli, Falcone e Borsellino), i suoi guru, come Roberto Saviano, Marco Travaglio, Beppe Grillo.
Roberto SavianoE il leader, il capo-partito, il più potente di tutti è anche colui che sa maneggiare meglio il mezzo televisivo: Michele Santoro.