1 - DELLA VALLE: "IL PREMIER NON PUÒ SCALARE LA RIZZOLI". "GERONZI? FA UN USO IMPROPRIO DEL SUO PICCOLO RUOLO PER CONTO DELLE GENERALI"
Ettore Livini per "la Repubblica"
Diego Della Valle chiude le porte del Corriere a Silvio Berlusconi. E si ricandida («io ma non solo») a crescere nell´azionariato di via Solferino - dove oggi ha una quota del 5,49% - quando tra tre anni scadrà il patto di sindacato di Rcs. Una scalata del premier alla Rizzoli «non è possibile», anche se il milleproroghe ha abbassato l´asticella degli incroci proprietari tra giornali e tv, ha detto alla trasmissione "In mezz´ora" di Lucia Annunziata. Il motivo? «Esiste un patto tra 18 persone perbene che tutti rispettiamo». E quando a marzo 2014 scadrà l´accordo, «mi auguro ci sia la possibilità per chiunque di noi ne abbia voglia di farsi avanti. Se uno crede in un´azienda si presenta, investe e si prende dei rischi».
LUCIA ANNUNZIATAE se scendesse in campo il premier? «Non ci credo. Pensare che qualcuno possa scalare Rcs oggi è veramente fantascienza. Il Corriere non è una signora che aspetta alla fermata del tram - ha aggiunto -. Se c´è un libero mercato ognuno giocherà la sua partita. E noi saremo della partita».
Il patron della Tod´s ha anche negato che il suo forcing sulla partita Rcs sia destinato a fare da trampolino di lancio per la discesa in politica del suo amico Luca Cordero di Montezemolo: «Non so se Luca vorrà fare un passo di questo genere - ha detto - ma pensare l´idea della preparazione di un pacchetto comunicazione-denaro per lui è fantapolitica». Rizzoli invece «è un´azienda in cui ho investito molto e che ci tengo funzioni. Deve fare buoni giornali in grande libertà e tenendo in considerazione il conto economico».
Della Valle è tornato poi all´attacco di Cesare Geronzi, consigliere di Rcs per conto delle Generali. «Fa un uso improprio del suo piccolo ruolo al Corriere - ha spiegato - . Volendo dare l´impressione, secondo me, di gestire lui l´azienda. Tutto questo crea indecisione, confusione di ruoli e problemi al management». Il problema - ha aggiunto - è che non si può utilizzare il 3,7% della Rizzoli controllato dal Leone di Trieste per dare l´impressione che si possa supervisionare la comunicazione di parte del Paese».
DIEGO DELLA VALLELo stesso corto circuito, secondo Della Valle, c´è ai vertici delle Generali dove vanno precisati meglio, viste le incomprensioni delle ultime settimane, i ruoli e le deleghe dei dirigenti e di Geronzi, presidente del gruppo. «Mi auguro che l´attuale cda, che è eccellente, possa decidere in armonia e che chi pensava di metter le mani su Generali come se fosse un´azienda dei Colli Romani faccia un passo indietro. Trieste è uno dei grandi asset del paese e bisogna entrarci in punta piedi ricordando che ha 344.000 azionisti e un consiglio di amministrazione di primissima qualità».
LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLODulcis in fundo, Della Valle ha voluto ribadire i suoi distinguo antropologici tra quelli che ha definito gli "arzilli vecchietti" della finanza nazionale, vale a dire Giovanni Bazoli e lo stesso Geronzi. «Il primo pensa solo al bene del sistema - ha concluso - il secondo anche alla carriera».
2 - SAPELLI: I PRESIDENTI DEVONO STARE ZITTI. CUCCIA E MERZAGORA NON HANNO MAI DETTO UNA PAROLA...
(Adnkronos) - Chi amministra denari altrui, sotto forma di depositi come il banchiere o di premi come l'assicuratore, deve "stare zitto", specie se fa il presidente. I presidenti "devono tacere", per parlare solo con gli azionisti, con i consiglieri e con le istituzioni. Cesare Merzagora, ex presidente delle Generali, ed Enrico Cuccia, gia' amministratore delegato e poi presidente onorario di Mediobanca, "non hanno mai detto una parola", mostrando "a tutti come si comportano coloro che amministrano i soldi altrui".
A dirlo e' Giulio Sapelli, professore di Storia Economica all'Universita' degli Studi di Milano, dove insegna anche Analisi Culturale dei Processi Organizzativi. E' stato fellow dell'Universita' Europea di Fiesole e della Fondazione Gulbenkian di Lisbona e visiting professor nelle universita' di Praga, Berlino, Buenos Aires, Santiago del Cile, Rosario, Quito, Barcellona, Madrid, Lione, Vienna, South California, Wollongong/Sidney e New York. Oltre ai numerosi incarichi dirigenziali e di consulenza in societa' che ha ricoperto nel corso della sua carriera, e' presidente del Centro per la cultura d'impresa di Milano dal 1992.
GERONZIAnche ai tempi di Bernheim la governance era tema di discussioni: "Antoine Bernheim - dice Sapelli- e' stato un grande presidente. Litigava, ma con stile. Erano piu' litigi raccolti, rumours usciti dal palazzo. Solo negli ultimi mesi ha detto qualcosa. Quando insegnavo a Trieste - ricorda - andavo qualche volta a colazione con lui, quando c'era Merzagora. I presidenti devono stare zitti: Merzagora non ha mai detto una parola. Ed e' difficile stare zitti. I presidenti devono parlare solo con gli azionisti e con i consiglieri di amministrazione e lavorare perche' ci sia armonia nel consiglio, tra il consiglio e gli azionisti e tra gli azionisti. Poi, naturalmente, senza deleghe, ma hanno sempre un ruolo istituzionale".
enrico cuccia02 lapGiulio SapelliSapelli e' rimasto molto stupito per l'intervista al Financial Times concessa dal presidente delle Generali Cesare Geronzi, poi finita sotto il fuoco incrociato degli analisti: "Quando ho letto quell'articolo sul Financial Times, che ricevo da anni la mattina da vecchissimo abbonato - continua Sapelli - ho fatto un salto sulla sedia. Mi sono stupito che il Ft avesse pubblicato quella roba li'. Vuol dire che anche al Ft, specie quando parla di noi italiani, si lascia scappare un po' la mano. E' un'azienda quotata. Ed e' una compagnia di assicurazioni. Dico sempre ai miei studenti: guardate i muri dei palazzi. Sembrano delle fortezze: imitano il forziere, perche' devono dare una sensazione di solidita'. Quindi, non si deve mai parlare".
"Che Geronzi - prosegue Sapelli - dia un'intervista in cui si impegna in cose che a qualsiasi assicurato tremano le vene ai polsi, come il Ponte sullo Stretto...sono rimasto sbalordito". Certo, continua, "c'e' anche altro, certo. Del Vecchio e' un uomo di grande saggezza e lungimiranza, che non ha mai fatto parlare di se'. Anche Diego Della Valle, che e' un po' piu' caloroso, mi sembra che abbia detto cose da manuale della governance. Chiunque legga un buon manuale di corporate governance, gli da' ragione. Ma la cosa drammatica - sottolinea - e' che nessuno dovrebbe parlare".
ind38 antoiner bernheim del vecchioPer il professore, un approccio meno mediatico aiuterebbe: "Secondo la vecchia regola - dice - penso che chi amministra i denari degli altri, deve sempre stare zitto. Se amministri i tuoi, parla finche' vuoi. Ma se instauri con colui che o ti paga un premio o ti deposita dei denari, e tu di fatto diventi amministratore di denaro di terzi, allora devi avere la massima cura per valorizzare questo denaro. Certi comportamenti, invece, possono far perdere valore. Insomma - sottolinea infine - Enrico Cuccia non ha mai detto una parola. Poi lo si poteva criticare, per carita', ma ha mostrato a tutti come si comporta colui che amministra i soldi altrui".