Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
UMBERTO CROPPI1 - - FINI: "LA SINISTRA? CONSERVATRICE COME BERLUSCONI"...
Fabio Martini per "La Stampa"
Davanti ai quadri futuristi arrivati da tutta Italia, Gianfranco Fini chiude con un «numero» già sperimentato in altri discorsi: «Con la schiena dritta, a testa alta, coscienti di essere dalla parte di chi ci crede davvero!». Dalla platea del cinema Adriano i dirigenti dei circoli del Fli fanno scattare un caldo applauso, ma il battimani si esaurisce in ventuno secondi.
PORTAVOCE DI FINI FABRIZIO ALFANOUn disincanto in qualche modo messo nel conto dallo stesso leader del Fli: dopo il congresso di Milano di 3 settimane fa e la diaspora di parlamentari, Fini ha fatto ai suoi un discorso di metodo, a futura memoria, più da presidente della Camera (vecchia maniera) che da leader politico. «Un discorso interessante perché preannuncia una nuova stagione: se Fini avesse voluto un applauso per i tg o per far titolo, avrebbe fatto battute a effetto. Ma non le ha fatte volutamente», chiosa il presidente dei deputati futuristi Benedetto Della Vedova.
MIRKO TREMAGLIAEffettivamente Fini - rimossi tutti i temi di attualità - ha indicato alla sua classe dirigente periferica il percorso di una «lunga traversata nel deserto», mentre per il presente ha suggerito un Fli portabandiera del «vero centrodestra». E per farlo ha proposto l'immagine di un partito che «non deve avere il timore di essere ultraortodosso, perché se c'è qualcosa nella quale abbiamo ecceduto è stato quello di voler sempre e comunque voler rappresentare una voce fuori dal coro». Insomma, «non occorre sempre essere coloro che rappresentano un'altra verità».
LA SECRETARIA DI GIANFRANCO FINIAlmeno nelle intenzioni la piccola novità di autoposizionamento proposta da Fini appare proprio questo profilo meno arrabbiato e meno «anti-berlusconiano». Di maniera invece i passaggi dedicati alla sinistra, che viene accostata così al centrodestra: «Siamo in presenza di due grandi assetti conservatori» e dunque «essere alternativi a questo centrodestra non significa non essere alternativi a una sinistra», che ha come unica «bandiera» l'antiberlusconismo.
ITALO BOCCHINOQuesta equidistanza tra Berlusconi e Bersani è stata sottolineata nelle ore successive da agenzie e tg, ma i passaggi dedicati alla sinistra sono parsi più punzecchiature che polemiche politiche. Proprio l'interpretazione che ne dà in serata la presidente del Pd Rosy Bindi: «Dobbiamo comunque porci il problema di come collaborare per ricostruire l'Italia». Sui transfughi, Fini ha chiesto di non parlarne più, non prima di averne etichettati alcuni come «ominicchi e quaquaraquà». I
ITALO BOCCHINOreferendum che incombono? Tutta da buttare la riforma della giustizia? Il Fli avrà la forza di presentare il simbolo alle amministrative? Fini ha glissato su tutte le questioni più attuali, non ha mai nominato il Terzo polo, ma si è dilungato sull'Italia del 2010 e ha anche auspicato una battaglia del Fli «per ridefinire il profilo urbanistico delle città del 2050».
ITALO BOCCHINO GIANFRANCO FINIAlla fine, guardando il cinema pieno (600 persone), il sondaggista Luigi Crespi chiosava così: «Un po' depressi ma vivi». E' stato pubblicato sul sito di Futuro e libertà il testo dello Statuto provvisorio, che era stato approvato dal congresso senza darne lettura ai delegati.
ITALO BOCCHINO DONATO LAMORTEUno statuto che disegna un partito fortemente gerarchizzato e che contiene una norma che per quanto scritta in un italiano poco lineare sembrerebbe produrre effetti originali: premesso che il presidente del Fli (nel caso specifico Fini) se non può esercitare le sue funzioni le trasmette al vicepresidente (nel caso Italo Bocchino), se a sua volta il vice si autosospende, «il presidente può comunque sostituire il vicepresidente».
IL PRODUTTORE MASSIMO FERRERO
2- DISPERSA E SENZA LEADER: LA DIASPORA DELLA DESTRA ITALIANA...
Mattia Feltri per "La Stampa"
D' improvviso, mentre la Seconda Repubblica volge a sera, la destra non c'è più. Se ne raccattano i pezzi, gli storaciani nel loro semi-ghetto, i berlusconiani aggrappati al governo, i finiani vaganti altrove. Ci sono pure gli apolidi, Domenico Fisichella a casa, i Silvano Moffa e i Pasquale Viespoli perduti nei gruppi misti parlamentari. Il fascismo fu archiviato con tutto il Novecento in sbrigativi congressi o addirittura in isolate e apodittiche sentenze ma, quando sarà conclusa la galoppata di Silvio Berlusconi, è la destra che rischia di svaporare senza un lamento.
GIANFRANCO FINIPerché adesso? Perché nel lampo di pochi anni? «Perché tutto è finito», dice Pietrangelo Buttafuoco, il più affascinante fra gli intellettuali usciti dal Movimento sociale. L'arrivo della stagione del potere, spiega, ha dato l'occasione a ognuno «di farsi i fatti propri».
GIANFRANCO FINIAlessandro Giuli (vicedirettore del Foglio di Giuliano Ferrara e autore del Passo delle oche, bel saggio edito da Einaudi che quattro anni fa analizzava la sterile identità postfascista e i guai che ne sarebbero derivati) condivide e la spiega così: «Il Movimento sociale era programmato per rispettare una leadership carismatica, magari contendibile ma non contestabile. Fosse Romualdi o Almirante non importava, ci si divideva in correnti, ma davanti a un leader indiscusso».
GIANFRANCO FINIC'era naturalmente l'istinto di sopravvivenza del branco, dice Giuli. C'era l'arco costituzionale, i fascisti erano i topi di fogna, «e magari nelle sezioni ci si prendeva a cazzotti, ma fuori i comunisti ci davano la caccia. Fuori si rimaneva una falange», dice Giuli.
DONATO LA MORTEQuando non è più una questione di sopravvivenza, quando arrivano Berlusconi e il potere, «il gruppo dimostra di non avere tenuta. Già nella legislatura 2001-2006, Gianni Alemanno coltivava relazioni col mondo cattolico, Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri erano detti berluscones e restavano con Fini per un rapporto personale alla lunga insufficiente», osserva Giuli.
BENEDETTO DELLA VEDOVAE Buttafuoco rincara: «Una destra al potere la si penserebbe capace di dare una struttura all'establishment, di avere legami stretti con la scuola, con l'università, con la magistratura, con l'esercito. Non è successo niente di tutto ciò. Pure alla Rai, che è l'industria culturale, ci si è limitati a piazzare qualche parente e qualche famiglio». Buttafuoco aggiunge che non è stata formata una leadership, e in effetti le facce sono le stesse da anni.
BODYGUARDInsomma, è una destra che non resiste a Berlusconi e alla prova del potere. Ma qui Luciano Lanna (firma del Secolo di Flavia Perina e autore del Fascista libertario , un manifesto culturale del neofuturismo appena uscito con Sperling & Kupfer) devia un poco: «Non credo che nella diaspora attuale c'entri la conquista del potere. Penso si tratti di una scomposizione e ridefinizione post-ideologica.
BENEDETTO DELLA VEDOVALa Prima Repubblica ha tenuto sulla barricata missina persone profondamente diverse fra di loro, e le ha tenute insieme provocando grossi equivoci. C'erano i nostalgici, c'erano i conservatori, ma c'erano quelli come me che di destra non erano, che leggevano Junger e Pavese, che già allora si sentivano più vicini ai radicali, ai socialisti, al giovane Francesco Rutelli che a Storace».
BENEDETTO DELLA VEDOVALa ratifica è di Buttafuoco: «Soltanto per ignoranza ci si stupisce che alcuni fra i finiani dicano cose di sinistra. Ma le dicevano ai tempi dell'Msi... Quello era un partito all'avanguardia, che si permetteva libertà sconosciute ad An o al Pdl e al Fli. Nel Msi c'era dibattito, spazio per tutte le idee, fermento, persino lacerazione. Questo improvviso e recente incendio, questo prevalere delle tensioni culturali, lo trovo molto interessante».
BENEDETTO DELLA VEDOVA LUIGI CRESPILo sarà, soprattutto, se contribuirà a un passo ulteriore. Ne dubita Giuli, che considera quelli come Lanna «la cosa più genuina prodotta da Fli». Ma nel loro portentoso ecumenismo culturale, Giuli vede «una danza infinita sopra l'immaginario, da Evola ai Beatles (cita un capitolo del Fascista libertario , ndr)... un clamoroso complesso di inferiorità».
ADOLFO URSONon sarà da lì, dice Giuli, che uscirà una destra nuova. «Il fallimento attuale è figlio della liquidazione del fascismo senza l'elaborazione del lutto, soltanto perché un giorno Pinuccio Tatarella ci disse di levarci i calzoni neri e di indossare la grisaglia. Non si diventa grandi così. Forse una destra nuova, interessante, sorgerà soltanto al collasso della Repubblica antifascista», è la conseguenza che trae Giuli.
BENEDETTO DELLA VEDOVA LUIGI CRESPIE sul punto non è lontano Lanna: «Io non faccio politica dal 1991. Non ho mai votato An ma voterò Fli. E spero che davvero sia arrivato il momento di buttare a mare destra e sinistra. Mi immagino un'alleanza della politica contro l'antipolitica, e soltanto dopo si riuscirà, spero, a cogliere quella fantastica occasione mancata con la Bicamerale del 97, quando ex fascisti ed ex comunisti stavano riscrivendo la Costituzione e cambiando la storia».
LA SECRETARIA DI GIANFRANCO FINIUn refolo di ottimismo che a Buttafuoco non muove un capello: «Temo che la destra sia legata inevitabilmente a dei blocchi sociali o delle stagioni, e che non sia capace di radicarsi, come dimostra la lunga stagione berlusconiana durante la quale non si è costruito nulla. Osservo. In particolare non mi piace nessuno. Dedico le mie simpatie a Casa Pound, l'unico luogo dove ancora si fronteggia il pregiudizio».