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HITLER, TI VOGLIO BENE! - LARS VON TRIER ENTRA NEL RICCO CLUB DEI NAZI-VIP - DA GALLIANO A MEL GIBSON, FINO A CHARLIE SHEEN L’INSULTO ALL’EBREO È GETTONATISSIMO - UNA VOLTA ERA APPANNAGGIO DI CERTE CURVE PALLONARE, OGGI è UN TABÙ INFRANTO DA NARCISISTI CHE VOGLIONO DIMOSTRARE, PIù A SE STESSI CHE AGLI ALTRI, DI ESSERE SUPERUOMINI (DI MERDA)…

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Elena Loewenthal per "La Stampa"

1 hitler adolf 01

Di tutto si può dire di lui, ma che «ispiri simpatia» proprio no. Con quei baffetti inamidati, l'aria arcigna, l'occhio indemoniato. Di tutto si può dire ma capirlo, come si fa? In fondo resta l'enigma più oscuro dell'umanità, e dopo anni di studi ancora non si è venuti a capo di quella sua distorta personalità.

Eppure, a quanto pare, all'esimio regista Lars Von Trier, Adolf Hitler fa quell'effetto lì: di simpatia. Di comprensione. Quanto agli ebrei, loro invece sono la sua «spina nel fianco». Anche se, per carità, mica è contro di loro... E tutto questo l'ha dichiarato da quel palcoscenico in mondovisione che è il Festival di Cannes.

Adolf Hitler

Ma queste a dir poco bislacche - cioè raccapriccianti - affermazioni non sono affatto un caso isolato, ultimamente. L'attore regista Mel Gibson si è esibito più o meno con lo stesso assortimento qualche tempo fa, insultando un agente della polizia stradale che lo aveva fermato.

Il genio della moda John Galliano ha scelto come teatro per esternazioni di analogo segno (dopo una serie di insulti agli ebrei concludeva «I love Hitler») nientemeno che il Marais di Parigi, storico quartiere ebraico. La cosa gli è costata il licenziamento in tronco dalla Maison Dior. Charlie Sheen, popolare attore americano, ha apostrofato con il solito armamentario di insulti all'ebreo il suo manager e contestualmente è stato allontanato dall'ex moglie e dai figli per violenze e minacce di tenore non dissimile. Chi più ne ha più ne metta.

lars

Queste ricorrenze hanno due chiavi di lettura - e indignazione. La prima, più «classica», è l'amara constatazione che l'antisemitismo è duro a morire. Anzi di più. E' talmente astratto da manifestarsi anche in palese assenza dell'oggetto, cioè l'ebreo. L'altra interpretazione che si può dare di questa triste ricorrenza dell'inno a Hitler e del rammarico perché non ha portato a termine il lavoro (anche questo si sente dire ormai non di rado) è che forse in questi ultimi tempi si è disinnescato qualcosa.

MEL GIBSON A CANNES

Che era meglio se restava lì com'era, foss'anche in forma di inibizione verbale. Oramai, invece, è come se un tabù si fosse infranto. Come se un certo tipo di persone - magari geniali e sicuramente armate di un certo non trascurabile narcisismo - si sentissero libere di blaterare giudizi del genere non solo per fare colpo sul pubblico - che speriamo costernato - ma prima ancora per dimostrare, agli altri così come a se stessi, di poter dire di tutto.

GALLIANO

Certo, di umorismo macabro ambientato sotto il nazismo, di storielle anche tremende su Hitler, se ne sono raccontate sempre. C'è persino un vasto repertorio schiettamente ebraico, in proposito. E in tempo reale, cioè in quegli anni tremendi. Ma queste uscite sono tutt'altra cosa. Non sono battute di spirito: sono dichiarazioni di solidarietà. Nostalgiche alzate di ingegno buone solo per dimostrare di essere originali.

CHARLIE SHEEN

Talmente originali da poterle pronunciare ad alta voce. E con delle bocche convinte di poter dire di tutto - come diceva tanto tempo fa la pubblicità di un dentifricio - solo perché famose e di conseguenza non perseguibili. Mentre una bella manciata di disprezzo se la meritano eccome.

 


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