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PIù SARTE, MENO ARTE! - SCOPPIA LA BAGARRE SUL RAFFAELLO FALSO SPARATO IN COPERTINA DALL’\"ESPRESSO\": SALVATORE SETTIS SI CHIAMA FUORI, ANTONIO PAOLUCCI SMENTISCE LO SCOOP (\"Raffaello in salsa Dan Brown\") E LA STESSA \"REPUBBLICA\" SI SMARCA CON UN BEL PUNTO INTERROGATIVO DALLA vicenda - E DAL GIALLO RAFFAELLO SALE ANCHE PUZZA DI BRUCIATO: LO STUDIOSO CHE HA RIVELATO LA PRESUNTA PATACCA, ROBERTO DE FEO, FACEVA PARTE DELLA CORTE DI SGARBI...

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1- QUEL RAFFAELLO È UN FALSO
Tommaso Cerno per la storia di copertina dell'Espresso - http://espresso.repubblica.it/dettaglio/quel-raffaello-e-un-falso/2150646

Raffaello la visione di ezechiele

2- QUESTA TAVOLA È UNA COPIA O È DAVVERO UN RAFFAELLO?
da Repubblica

Il dipinto a olio su tavola mostra il profeta Ezechiele in estasi davanti a Dio, è conservato nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze, e sarebbe opera di Raffaello. Invece è un falso, secondo le rivelazioni di Tommaso Cerno sull´Espresso in edicola ieri. Si tratterebbe di una copia. Lo sostiene uno studioso dell´arte, il veneziano Roberto De Feo, di cui l´Espresso ricostruisce tutti gli accurati accertamenti che sono giunti a una conclusione drastica: trattasi di patacca.

Al professore veneziano si sono drizzate le antenne quando è ricomparsa dal nulla in Italia, nella collezione privata di un appassionato d´arte ferrarese, un´altra copia della Visione di Ezechiele. E si è messo a indagare sul dipinto, che prima di approdare a Palazzo Pitti era stato esposto nei più importanti musei del mondo, è appartenuto a conti, principi, re. Alla fine delle sue ricerche De Feo è arrivato alla conclusione che anche quella di Firenze sarebbe una copia, dipinta dopo la morte del maestro di Urbino.

RAFFAELLO

Un primo punto - secondo De Feo - è che i due quadri sono identici per dimensione, ma quello di Firenze sarebbe su rovere mentre quello ritrovato è su pioppo, legno sempre usato da Raffaello. Lo studio di De Feo smonta poi la teoria secondo cui la Visione di Ezechiele sarebbe finita alla famiglia Medici come regalo di un ambasciatore pontificio.

Inoltre, nelle radiografie a cui il dipinto è stato sottoposto - sostiene lo studioso veneziano - non comparirebbero i cosiddetti "pentimenti» a dimostrazione del fatto che sotto la vernice non si vedono i tratti corretti dal pittore, «che mentre dipinge cambia idea e modifica i dettagli» riferisce De Feo. Anni di analisi, ricerche e raffronti, prove su prove di falsità raccolte in un saggio di 60 pagine presto presentato all´Accademia dei Lincei dallo studioso Salvatore Settis.

PITTI

A Firenze non ci stanno. «Il Raffaello di Pitti è di Raffaello, è più che documentato» sostiene Antonio Paolucci, ex soprintendente del Polo museale e ora direttore dei Musei Vaticani. D´accordo con Paolucci, anche Alessandro Cecchi, studioso del pittore di Urbino. «De Feo prende una cantonata, anche il nostro dipinto è su legno di pioppo. Lo attestano le analisi dell´Opificio delle Pietre Dure che tre anni fa ha sottoposto la tavola a ripetute indagini». Cecilia Frosinini, dell´Opificio fiorentino, analisi riflettografiche alla mano, conferma: «Non abbiamo mai avuto alcun dubbio».

Roberto de Feo con il quadro ritrovato

3- CASO RAFFAELLO, LA PRECISAZIONE DI SALVATORE SETTIS
dal sito dell'Espresso

Caro Direttore,
Nell'Espresso in edicola oggi (6 maggio) l'ampio servizio di Tommaso Cerno a proposito di una nuova versione su tavola della Visione di Ezechiele di Raffaello contiene, fra molte informazioni interessanti, una notizia inesatta. Vi si dice che un lavoro scientifico sul quadro "sta per trovare il sigillo dell'Accademia dei Lincei, dove sarà presentato nella prossima seduta da (...) Salvatore Settis".

Il dott. De Feo mi ha, è vero, inviato il suo articolo (che ho ricevuto il 5 maggio), proponendomi di presentarlo ai Lincei. Lo leggerò con la debita attenzione: ma al momento in cui la notizia è stata pubblicata non lo avevo letto, e di conseguenza non avevo e non ho ancora deciso se e quando presentarlo ai Lincei (in nessun caso alla prossima seduta).

Roberto De Feo

Se e quando il lavoro dovesse esser presentato, toccherà all'Accademia, e non a un singolo socio quale io sono, decidere se conferire a quello studio il "sigillo" della pubblicazione nei propri Atti.

Col saluto più cordiale,
Salvatore Settis

4- RAFFAELLO IN SALSA DAN BROWN
Carmine Mastroianni per Il Tempo

Cover Espresso Raffaello

Ci risiamo. L'ennesimo scoop alla Dan Brown in salsa rinascimentale. Stavolta a lanciare il sasso nello stagno è l'Espresso che apre con un titolo sibillino: «Il falso Raffaello» e una foto inusuale: «La visione di Ezechiele». Santi e artisti insomma, niente a che vedere con il Cavaliere nazionale, e questo è davvero il primo scoop, l'unico purtroppo.

Tutto nasce dalla scoperta di un giovane studioso veneziano, Roberto De Feo, un Mr. Langdon in «codice Raffaello», che avrebbe riconosciuto in una tavola appartenente ad un collezionista ferrarese, «Visione di Ezechiele», l'autentico capolavoro del Sanzio, bollando come non autentica la copia conservata a Palazzo Pitti.

salvatore settis

Ma è davvero così? Per Antonio Paolucci che vive di pane e Raffaello ed è stato per tanti anni sovrintendente in quel di Firenze la questione non si pone nemmeno: l'originale resta quello della Galleria Palatina di Palazzo Pitti e la notizia «non sta in piedi» anzi è semplicemente fonte di «divertimento».

E alle affermazioni del De Feo secondo cui Palazzo Pitti nicchierebbe per timore di perdere un capolavoro e la Sovrintendenza occulterebbe delle fantomatiche radiografie eseguite sulla Tavola Pitti in occasione dei 500 anni della nascita di Raffaello, Paolucci non ha dubbi nel replicare.

Fu proprio lui che nel 1982 organizzò ed eseguì le analisi sul dipinto, alla Fortezza da Basso, insieme al restauratore Umberto Baldini. «Ho avuto tra le mani quella piccola tavola - precisa - e le posso garantire che non ci sono assolutamente misteri dietro la sua autenticità e nessun occultamento di prove.

Quella di De Feo è una bella copia, forse antica, ma non ha niente a che vedere con l'originale». E a rincarare la dose versus De Feo ci pensa anche il prof. Maurizio Marini che nell'articolo dell'Espresso individua «troppe cose che non quadrano». La prima anomalia è costituita dalla firma individuata sulla tavola dal De Feo: SRV.

ANTONIO PAOLUCCI

«L'artista - spiega - non avrebbe mai anteposto il cognome al nome, sarebbe dovuto essere RSU, anche se Raffaello usava semplicemente RU». E persino nella mancanza di «segni di pentimento» sulla Tavola Pitti, ossia di correzioni apportate in corso d'opera sul dipinto, il De Feo è caduto in un grossolano abbaglio in quanto per il prof. Marini «si sa bene che i segni di possibili correzioni risalgono ai pittori veneziani del '600, a un Caravaggio.

Nel '500 sono cose rare poiché gli artisti eseguivano un disegno preparatorio sulla tavola e quindi difficilmente correggevano il quadro in corso d'opera». E se non bastasse è noto che di falsi si può parlare a partire dall'arte contemporanea. Pittori come Raffaello avevano il copyright delle loro opere e potevano anche riprodurle o farle ricopiare nella loro bottega.

Questo spiega la presenza sul mercato di copie «conformi all'originale». «Nella Tavola Pitti potrebbe esserci anche la mano di Giulio Romano - dice Marini - e non sarebbe una novità poiché l'urbinate aveva una bottega con più di venti collaboratori». Insomma probabilmente l'ennesimo abbaglio browniano in salsa nostrana.

 


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