La vendita di The Space cinema da parte di Benetton e Mediaset è ormai agli sgoccioli .
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Sul tavolo di Citigroup, la banca d'affari scelta dai venditori, sembrano essere rimaste poche offerte degne di nota tra le quali spicca cui quella avanzata dal circuito UCI Cinema di proprietà del fondo di private equity Terra Firma.
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Il circuito UCI è presente in Italia con più di 40 multiplex per circa 430 schermi e nel 2012 ha sviluppato una quota di mercato spettatori del 20%.
The Space cinema gestisce 36 multiplex per un totale di 359 sale e nel 2011 ha raggiunto una quota di mercato spettatori pari al 19%. I due circuiti insieme rappresentano il 40% del mercato e il 50% considerando il solo mercato dei multiplex cinematografici (sale con cinque schermi in su).
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È evidente che se Mediaset e Benetton dovessero effettivamente decidere di andare avanti nella trattativa e di uscire dal mercato vendendo alla UCI, nell'esercizio cinematografico italiano si creerebbe una situazione, previa autorizzazione degli organi Antitrust , di vero e proprio monopolio, unico nel suo genere in Europa, in cui il secondo circuito cinematografico raggiungerebbe a stento il 2% del mercato di riferimento.
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Risulta troppo facile prevedere le ripercussioni che l'operazione potrebbe avere sull'intera filiera cinematografica ed infine sugli spettatori: i prezzi dei biglietti aumenterebbero di pari passo alla riduzione dell'offerta degli sconti, la qualità dei cinema degraderebbe progressivamente facendo scivolare lentamente l'intero comparto dell'esercizio cinematografico indietro di vent'anni. D'altronde, perché investire nel rinnovamento dei cinema se si opera in regime di monopolio?
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Anche le dinamiche distributive dei prodotti cinematografici risulterebbero profondamente sconvolte. UCI raggiungerebbe una quota di mercato così importante da conferirgli sufficiente potere per imporsi sulle aziende distributrici internazionali ma soprattutto nazionali, già oggi in grande sofferenza economica. In questo scenario sarebbe ancora più complicato garantire l'uscita di film di qualità e di produzione italiana.
Come sempre accade in fusioni di queste dimensioni è facile aspettarsi una forte ricaduta negativa sui livelli occupazionali e nei rapporti con le parti sociali già provate da anni di negoziazioni causate dal recente processo di conversione al digitale dei proiettori 35 mm, che hanno messo fuori dal mercato del lavoro centinaia di proiezionisti in tutta Italia.
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C'è solo da augurarsi che tutte le parti coinvolte facciano appieno le loro riflessioni e fino in fondo il loro dovere, e che la cultura che il cinema rappresenta non rimanga annegata in un fiume di dollari.