Baraonda Bancaria per "Dagospia"
Niente tasse. Al fisco, d'altra parte, era sostanzialmente ignoto. Il "povero" Francesco Bellavista Caltagirone è un nullatenente. Eppure la Guardia di finanza gli ha sequestrato beni per 162 milioni di euro. Un vero e proprio tesoretto, per uno che nelle casse dello Stato non mai versato neanche un centesimo, o quasi.
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Certo viveva alla grande: ville, yacht, aerei. Caltagirone - da qualche giorno agli arresti - si trattava bene e non faceva mancare nulla nemmeno al suo staff. Per le riunioni importanti, ad esempio, affittava salotti lussuosissimi addirittura in grandi alberghi del nostro Paese.
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E' il caso di un meeting riservato che si è tenuto nell'autunno 2012 al Cavalieri Hilton di Roma, uno degli hotel più belli d'Italia con vista che da Monte Mario spazia sul centro storico della Capitale. Gli uscieri della procura di Roma che stanno indagando sulla società Acqua Marcia e sulla costruzione del porto di Fiumicino hanno letto un'interessante rapportino.
Un documento nel quale si narra di una riunione segretissima organizzata dai legali di Caltagirone a ottobre scorso. Registi dell'operazione Enrico Caratozzolo e Giusy Ivone, avvocati del costruttore pluri-indagato. La Ivone avrebbe invitato in qualità di super esperto un suo "strettissimo amico", un magistrato della Corte di cassazione il cui nome per ora è stato sbianchettato dai documenti. Altra pedina chiave sarebbe Giuseppe Di Salvo, un giudice della sezione fallimentare del tribunale di Roma.
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Obiettivo dell'incontro, dunque, allungare i tempi, evitare di finire in liquidazione o addirittura in fallimento. Il trust di cervelli riunito all'Hilton aveva come mission quella di portare Acqua Marcia al cosiddetto concordato in bianco. Tecnicamente si chiama <
Più di un sopracciglio si è alzato anche al ministero dello Sviluppo economico, dove hanno considerato la misura un assurdo salvacondotto per imprenditori che pur avendo aziende in dissesto finanziario si trovano in mano ampi poteri, cioè carta bianca, magari da utilizzare per vendere o sottrarre patrimonio societario. Compromettendo le sorti dei creditori.
Per la cronaca il tentativo di Caltagirone & co. non andò in porto. La questione non piaceva nemmeno al top management di Acqua Marcia, tant'è che financo l'amministratore delegato Maurizio Basile (ex ad di Aeroporti di Roma) aveva rassegnato le dimissioni.
Resta il fatto che su quell'incontro, adesso, si potrebbero concentrare le attenzioni degli inquirenti. Non è esclusa, infatti, l'apertura di nuovi fascicoli a carico dei partecipanti. E non è tutto. La faccenda interessa parecchio le grandi banche italiane. Acqua Marcia, infatti, è esposta per 800-900 milioni di euro con tutti i principali big del settore. Che sperano di poter rientrare quanto prima dei crediti concessi a mani basse negli scorsi anni. Le perdite del gruppo si sono già mangiate il capitale societario, circa 500 milioni di euro, e gli istituti di credito vorrebbero garantirsi col resto del patrimonio.