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GIUSTIZIA PER VALENTINA - TRE ANNI DOPO IL “SUICIDIO” DI UNA 19ENNE SICILIANA, LA SVOLTA: ARRESTATO L’EX…

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Felice Cavallaro per il "Corriere della Sera"

valentina salamone

Quando il padre la vide infagottata in un sacco nero della spazzatura, una corda al collo, le dita ancora strette al cappio, il corpo rigido adagiato in una bara, gridò disperato che la sua creatura di 19 anni non poteva essersi impiccata a una trave, che non avrebbe avuto alcuna ragione al mondo per ammazzarsi al termine di una festa fra amici.

VALENTINA SALAMONE jpeg

E invece fu subito classificata come un suicidio la morte di Valentina Salamone, bellissima ragazza di Biancavilla innamorata del suo paesino ai piedi dell'Etna, tanti amici, il volto solare, un fisico longilineo, la passione per il mare, volenterosa negli studi, la discoteca il sabato sera come svago. O, come accadde tre anni fa, quella drammatica sera di fine luglio, in gruppo, in comitiva, tante coppie in una casa di campagna alla periferia di Adrano, sempre sotto il vulcano, musica, cibo e un po' d'alcool.

Un'occasione per rivedere il ragazzo di cui era innamorata, Nicola Mancuso, arrestato ieri a trent'anni, già sposato allora, padre di un ragazzino, ancora senza un mestiere, pronto subito dopo la morte di Valentina a mostrarsi contrito con i genitori della ragazza. Allo stesso modo di amici forse coscienti di particolari celati, segno di omertà diffusa, segreto inconfessabile di una comunità dove troppi hanno ripreso la loro vita come se quell'orrore non si fosse compiuto.

LA VILLETTA DOVE E STATA TROVATA IMPICCATA VALENTINA SALAMONE jpeg

Ma considerava Nicola solo una faccia di bronzo il padre di Valentina, Antonino Salamone, in questi tre anni trasformatosi in inquisitore implacabile, pronto a salire mille volte le scale del tribunale o a frequentare gli studi tv per protestare contro le archiviazioni proposte in Procura. Richieste bloccate grazie alla avocazione di questo cold case da parte della Procura generale di Catania diretta da Gianni Tinebra, con l'avvocato generale Salvo Scalia deciso ad approfondire ogni dettaglio affidandosi ai carabinieri del Ris di Messina diretti dal colonnello Sergio Schiavone.

«Un confronto con le foto della scena del delitto, l'esame dei reperti, il controllo del Dna rilevato su alcune macchie di sangue ci hanno permesso di escludere il suicidio», spiega l'ufficiale elencando i risultati delle analisi compiute dalla Sezione biologia coordinata dal maggiore Carlo Romano. La tecnica per incastrare il presunto amante-assassino sembra quella di un thriller mozzafiato dove la verità salta fuori dagli alambicchi di un laboratorio. A conferma della lite che avrebbe bloccato di botto quella festa.

IL PADRE di Valentina Salamone

Con Valentina che, in preda alla gelosia, avrebbe sfidato il compagno a lasciare la moglie, ad amare solo lei, addirittura inventandosi di aspettare un bebè. Alcune testimonianze descrivono la lite e l'allontanamento di quasi tutti i partecipanti. Con il ragazzotto che, preoccupato per il suo matrimonio, avrebbe mormorato una frase da lui smentita: «Questa esagera, mi rovina, la dobbiamo sistemare».

La versione del suicidio crolla davanti ad alcuni elementi che adesso portano in cella Mancuso, accusato di concorso in omicidio con ignoti. Intanto, la povera Valentina, come spiegano al Ris, non avrebbe potuto impiccarsi da sola perché la trave era troppo alta. Un dito rotto, un'unghia spezzata, una macchia di sangue sotto la scarpa compatibile col Dna di Nicola Mancuso sono altre tessere di un mosaico che porta all'ipotesi di una colluttazione culminata nella morte di Valentina.

ROSSANA SALAMONE SORELLA DI VALENTINA

La corda al collo e l'impiccagione sarebbero in questo caso le sequenze di una crudele messa in scena, a conferma dei sospetti esaltati anche dagli approfondimenti dall'avvocato della famiglia Salamone, Dario Pastore. In sintonia con il padre mai rassegnato: «Valentina non me la potrà più restituire alcuna giustizia terrena: ma venire a capo della verità sarà un atto d'amore per mia figlia che mi fecero trovare 10 ore dopo il delitto».

 


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