Liana Milella per "La Repubblica"
Il dolore è grande per Antonio Di Pietro. Era ieri, in via Santa Maria in Via, quando celebrava il suo 8% alle elezioni del giugno 2009 per il Parlamento europeo. Voti evaporati. Come non fossero mai esistiti.
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Adesso Di Pietro è lì, da solo. Solo a pochi metri da dove Ingroia prende atto della sconfitta. Non risponde al telefono. Neppure la sua addetta stampa Fabiola Paterniti riesce a parlarci.
Lui, sempre presente sulle agenzie, non detta neppure due righe. Ingroia ha fagocitato Di Pietro? Di sicuro il pm Ingroia, sceso in politica, non riesce a sfondare come aveva fatto il pm Di Pietro. Ma questa non suona neppure come una magra consolazione.
Rinvia a oggi eventuali commenti, «ho bisogno di tempo per riflettere» dice a chi riesce a penetrare nel suo riserbo. Ma chi ha seguito il breve percorso politico di Rivoluzione civile non può dimenticare la faccia sbiancata di Di Pietro quando, il 21 dicembre dell'anno scorso, Ingroia annunciò che nella lista non ci sarebbe stato posto per i segretari di partito.
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Poi si corresse, disse che sì, ci sarebbero stati. Ma è in quel momento che l'Idv di Antonio Di Pietro ha cominciato a morire. Con amarezza l'ex Fiom Maurizio Zipponi, responsabile lavoro dell'Idv, uno dei pochi candidati con Ingroia, presente adesso a via di Montecatini, ammette il crollo dell'Idv: «Il nostro non è mai stato un partito, ma un movimento legato al suo leader, demolito lui, è caduto tutto il resto».
Poi, amareggiato: «Purtroppo il messaggio che è passato su Di Pietro è che lui è uguale a tutti gli altri leader di partito, quindi è stato demolito nel suo Dna».
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Un fatto è ormai certo e lo racconta chi è stato con Di Pietro in queste ore. L'ormai ex leader dell'Idv ha fatto la campagna elettorale, ha viaggiato per l'Italia, ma lo ha fatto per suo conto. «Qui, nel quartier generale di Ingroia, c'è venuto solo una volta, quando c'era una riunione dei segretari di partito». Poi via, oscurato.
Mai in tv per Rivoluzione civile. Mai i due ex pm assieme, Di Pietro e Ingroia. Adesso più d'uno lo sottolinea. Di liti non ce ne sono state. Ma ognuno ha remato per suo conto. Alla fine i consensi di Idv sono trasmigrati altrove. Dov'è finito quell'8%? Dicono che Di Pietro non abbia dubbi, che parli di un flusso «confluito tutto verso Grillo». Il quale ha raccolto la protesta che Di Pietro ha espresso in quella che Zipponi definisce ora «l'unica vera opposizione in Parlamento».
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Zipponi, che gli ha parlato, solleva un altro interrogativo: «Di Pietro è stato l'unico che ha contrastato Monti e Berlusconi ed è soprattutto quello che ha fatto la domanda che non si sarebbe mai dovuta fare, quando ha chiesto chi c'era dall'altra parte nella trattativa Stato-mafia. Sono domande che in Italia non si debbono fare».
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Per certo, secondo Zipponi, proprio le critiche al presidente Napolitano hanno terremotato lo staff dirigente dell'Idv. L'ex capogruppo alla Camera Massimo Donadi di certo non l'ha gradito. Di Pietro, ovviamente, ha altri crucci. Continua a pensare di aver sbagliato a rilasciare un'intervista a Report, «uscita con troppi tagli», dalla quale non si evinceva che non era proprietario di decine di case. Riflette su chi lo ha abbandonato nell'Idv, ma anche su candidature affrettate che hanno poi portato a clamorosi voltafaccia (gli Scilipoti e i Razzi per intenderci). Ma adesso è tardi. Il ponte lanciato a Grillo fu respinto. Adesso Grillo raccoglie il voto di protesta di chi aveva creduto in Di Pietro e nell'Idv.