Leonardo Maisano per "Il Sole 24 Ore"
NICK CLEGG E DAVID CAMERONUn ministro che attacca il capo del Governo, un premier che prima finge di non sentire e poi, ieri, al ripetersi dell'affondo, reagisce liquidando le scelte del partito con cui condivide il potere. Westminster è lontana da Montecitorio, ma echi italici scuotono Londra alla vigilia del maggior appuntamento politico dopo le elezioni di 12 mesi fa. Il supergiovedì di domani porterà alle urne milioni di britannici per rinnovare i Governi di Irlanda del nord, Scozia, Galles, centinaia di amministrazioni locali, ma soprattutto per un referendum, pratica rarissima oltre la Manica.
nick cleggOggetto: la riforma elettorale. Addio - forse - al first past the post, maggioritario secco che da sempre garantisce stabilità e avanti tutta con l'alternative voting, sistema in auge in Australia che stende una parvenza di proporzionalismo. È il karma dei LibDem ovvero del partito di Nick Clegg, vice del primo ministro conservatore David Cameron, e capo di quel ministro, Chris Huhne, responsabile per l'energia, che ha accusato il premier di mentire in questa campagna afflitta da un denso volare di stracci e incomprensibile agli elettori.
David CameronPer questo David Cameron, assertore dell'attuale sistema, ha titillato il portafogli dei britannici denunciando i costi elevati di un'eventuale riforma. Forse anche per queste considerazioni - una menzogna a parere di Huhne - i sondaggi dicono che gli elettori sono più inclini al "no" e che l'affluenza sarà ai minimi storici.
Bagatelle per un voto? Probabilmente sì, ma sufficienti per misurare la temperatura, incandescente, di una coalizione che su questa partita si gioca l'esistenza stessa. Nick Clegg, infatti, forzò la volontà dell'ala socialdemocratica del suo partito fino a pilotarla nell'anomala coalizione con i Tory, promettendo il referendum. In cambio i liberaldemocratici hanno dovuto ingoiare tagli alla spesa pubblica mai visti prima. Misure che hanno mobilitato la piazza, ridotto in coriandoli la credibilità di Nick Clegg e drenato il consenso raccolto dal partito un anno fa al minimo storico del 10 per cento.
Camera dei comuniIl suicidio liberaldemocratico si può solo spiegare con la scommessa sulla consultazione di domani e il passaggio a un meccanismo che prevede la preferenza per tutti i candidati in lista. Passerà chi avrà più del 50% e a quella soglia si arriverà eliminando chi ha preso meno voti e redistribuendo le opzioni indicate sulla scheda del candidato liquidato. Un'ombra di proporzionalismo che premia la terza forza, ovvero proprio i liberaldemocratici. Se nel maggio del 2010, infatti, fosse stato adottato l'alternative voting, Clegg avrebbe avuto il 50% in più di deputati. In altre parole, le coalizioni diverrebbero norma e non eccezione, la stabilità si scambierebbe con una rappresentatività appena più adeguata.
Nonostante Nick Clegg abbia definito l'alternative voting un «piccolo miserabile compromesso» rispetto al preferito proporzionale, è ben consapevole che più di così non avrebbe potuto ottenere. E ben sa che la sua priorità è archiviare il maggioritario che penalizza i partiti, come i LibDem, con una diffusione nazionale omogenea. In altre parole i motivi che rendono la riforma essenziale per Clegg e compagni la rendono inaccettabile ai conservatori.
Parlamento ingleseI Tory hanno accettato il referendum solo in cambio del sì dei compagni di coalizione a ridisegnare i collegi elettorali, passo successivo del Governo al di là dell'esito del referendum. Una mossa che mira a contenere lo strapotere del Labour sul territorio. Loro, gli oppositori laburisti, sono ufficialmente per il "sì" alla riforma, ma restano divisi.
Una partita multipla, ad alto tasso di negoziati, che va letta nel più ampio programma di riforme istituzionali che l'Esecutivo ha in cantiere, compresa la cancellazione della Camera dei Lords. Scenari noti, ma che si sono evoluti in un conflitto aperto fra le due metà di Downing street con premier e vice premier, e reciproci scudieri, in costante duello. Se passerà il no, Nick Clegg, rischia la sollevazione del partito. Se passerà il sì, come dicevano gli opinion polls in marzo, accadrà lo stesso a David Cameron, imputato di aver consegnato il Paese a un destino di eterna incertezza. Ma il Governo - dicono gli spin doctors di entrambi i partiti - non è in pericolo e l'armonia ritornerà. Dicono, mentre preparano unguenti per ferite che paiono letali.