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NUOVO CINEMA (SENZA) PARADISO- IL BOTTEGHINO PIANGE E LE CASE DI PRODUZIONE, PER FARE CASSA, VOGLIONO ACCORCIARE I TEMPI (DA SEI MESI A DUE) PER PORTARE I FILM DALLE SALE AL DIVANO DEGLI AMERICANI - I REGISTI DI HOLLYWOOD NON VOGLIONO FINIRE NEL TRITACARNE DEL DIGITALE CHE LI COSTRINGEREBBE A REALIZZARE PELLICOLE A RITMI CINESI - NON CI STANNO NEMMENO I CREATIVI DEGLI STUDIOS: “PORTARE IL CINEMA IN FILE DIGITALI FINIRÀ PER COLPIRE HOLLYWOOD DOVE È PIÙ SENSIBILE: I PROFITTI”...

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Lorenzo Soria per "La Stampa"

ilsganelli007 peter jackson

Peter Jackson, Gore Verbinski e James Cameron non hanno molto in comune. Il primo risiede in Nuova Zelanda ed è l'autore del pluripremiato adattamento cinematografico de Il Signore degli anelli . Verbinski è il regista che grazie alla serie sui Pirati ha fatto dell'ex-ribelle Johnny Depp il divo più amato e più pagato del momento. Dopo Avatar , Cameron abita in un pianeta tutto suo.

Ma assieme ad una ventina di altri registi che include nomi come Michael Bay, Guillermo Del Toro, Kathryn Bigelow e Robert Zemeckis, i tre si sono uniti contro gli studios che li hanno resi ricchi e famosi schierandosi con la Nato. No, non l'Alleanza Atlantica, ma l'acronimo di «National Association of Theater Owners», l'associazione di categoria degli esercenti cinematografici, scesa sul piede di guerra contro il piano di Sony, Twentieth Century Fox, Warner Bros. e Universal di fare arrivare nuovi film nelle case degli americani con il «video on demand» a solo due mesi dall'uscita nelle sale, rompendo la tradizionale finestra di quattro-sei mesi.

JAMES CAMERON

Per gli esercenti, reduci da grossi investimenti per adattare le sale ai proiettori digitali e in 3D, una minaccia esistenziale che Gregory S. Marcus, amministratore delegato di una catena chiamata Marcus Corporation, riassume così : «Attenti prima di metterci tutti in padella, voi inclusi», ha ammonito. Esercenti contro gli studios, dunque. Adesso alleati con alcuni dei più grossi registi di Hollywood, che temono che la loro arte finirà per perdere la sua collocazione naturale, il buio della sala cinematografica.

Gore Verbinski

Oltre al fatto che la trasformazione del cinema in file digitali finirà per colpire Hollywood dove è più sensibile: sui profitti. «Noi creativi pensiamo che sia ora che gli studios riconoscano che usare date di uscita per il video on demand che invadono l'attuale finestra delle sale potrebbe irrevocabilmente danneggiare il modello finanziario della nostra industria», si legge nella lettera.

Michael Bay

Per comprendere meglio gli estremi della diatriba, occorre capire lo stato d'animo degli studios, che da anni vivono con lo spettro di fare la stessa fine dell'industria musicale, messa in ginocchio dalla pirateria e da Internet. Nonostante l'aumento dei biglietti, nel primo trimestre del 2011 i botteghini d'America hanno visto un calo delle entrate del 20 per cento. Nel mercato dei Dvd la caduta è ancora più drammatica: meno 40 per cento in sei anni.

Guillermo Del Toro

Mentre nei supermercati proliferano i chioschi che affittano film a un dollaro e una società come Netflix offre un numero illimitato di film, consegnati via posta o direttamente per via elettronica, a solo dieci dollari al mese, gli studios per compensare si sono dunque inventati il «video on demand», con l'idea di fare arrivare nelle case anche i titoli più recenti per la somma di 30 dollari.

Robert Zemeckis

Ma oltre all'ostacolo previsto degli esercenti, hanno trovato sulla strada anche quello dei loro registi, per i quali l'esperienza della sala è e deve restare la fonte di business del cinema.

 


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