Denise Pardo per "l'Espresso"
DARIO FRANCESCHINIPillole della trama. Sul letto di morte, un notaio esempio di virtù e moralità, convoca il suo unico figlio, modello pure lui di assennatezza e serietà (anche di atroce noia, è probabile). Vuole confessare una vita insospettabile e spudorata, e soprattutto i rapporti avuti con 52 prostitute, spiega Ippolito Dalla Libera al suo erede Iacopo, anch'esso notaio, per seminare la vita nel mondo cioè concepire e far nascere altrettanti piccini.
DARIO FRANCESCHINIIl compito del notaio junior, represso e maritato con Albina, donna proba e assai arcigna, e a dir poco barcollante per lo choc, è trovare, per desiderio del padre, sia i figli che le madri: nomi cognomi e date sono trascritti in un quaderno, opportunamente, nero.
Bene. Già l'inizio del romanzo "Daccapo" è assai stupefacente (notevole la fertilità del notaio, un super macho). Il seguito, coup de théâtre dopo coup de théâtre, lo è, ancora, molto di più. E tutto poi diventa ancora più intrigante scoprendo il nome dell'autore dalla prosa, in verità, piuttosto sapiente.
Non uno scrittore maledetto. Né una nevrotica romanziera un po' dannata, un po' fumata. Il libro - pubblicato da Bompiani in uscita il 4 maggio - è di Dario Franceschini, ex segretario del Pd, ora capogruppo alla Camera, viso da ragazzo che fa felice i genitori, occhiali da topo miope di sacrestia, pestifero politicamente quando capita, le domeniche a messa a Ferrara nella sua città. È alla sua terza prova letteraria, la prima, "Nelle vene quell'acqua d'argento" così riuscita da essere stata pubblicata in Francia persino da Gallimard: il massimo della vita, figuriamoci per un esordiente, è quello che fu l'editore di Proust.
DARIO FRANCESCHINIE ora? Ci capita pure questo: un Franceschini, epicuro, godereccio e carnale? Anche lui catturato e irretito dalla res politica d'alcova e, via strutture e sovrastrutture, sull'onda di esprimere il suo Es erotico? Al punto di pubblicare un romanzo dove aleggiano 52 prostitute (le pre escort) madri, figure inedite perfino nella galleria cochon dell'anziano premier? Pura barbarie: il libro ha preso forma nel 2008, ben prima dei noti fatti.
RONDOLINONon è stato per nulla ispirato dalla boccaccesca attualità, ci tiene a precisare lui, e "Daccapo" non è un romanzo hard, per carità. Nemmeno una riga di troppo come successe al povero Fabrizio Rondolino, portavoce di Massimo D'Alema, che si dovette dimettere per qualche brano a luci rosse di un suo libro e oggi più o meno dieci anni dopo, e sembra un secolo, la cosa fa sbellicare dalle risa visti i notevoli sviluppi del filone.
"Daccapo" non ha pagine porno, dunque (intanto le prime dieci copie sono sparite, forse rubate: deputati voyeur della destra?). Al massimo, conviene l'autore che amerebbe più parlare di aneddoti di colleghi scrittori ("Gabo" García Márquez o Niccolò Ammaniti) che di sterili curiosità giornalistiche, è carico di sensualità. In effetti: «Ansimava, sentiva l'alito, il profumo della pelle sul collo lunghissimo vedeva dappertutto colori sgargianti», ma questo è il massimo dell'eros descritto (per amor di precisione, è il notaio jr che ansima) e non ci si schioda da lì. Per il resto lo stile è quello consacrato come esempio di "realismo magico" da "Le Magazine Littéraire".
Sarà forse che leggendo si rimugina troppo sull'apparire politico di Franceschini rispetto al suo comporre. E certamente ha ragione lui: la narrazione è libertà, non c'entra con la vita e nemmeno con quella dell'autore. «Se pubblicherò un libro su un serial killer», argomenta il nostro, «non vorrà dire che ho accoppato cinque o sei cristiani». E meno male. In effetti, la questione è contenuta tutta lì nel ruolo, nel contrasto tra ragion politica e ragion estetica. «Fossi uno sconosciuto nessuno si stupirebbe se scrivo di puttane», si accalora dopo aver spiegato che la politica è la vocazione, la scrittura la passione.
LORENZO JOVANOTTI CHERUBINI A RIPOSOMa è il fatto di praticarle tutt'e due a condizionare lettori, elettori e pure i critici, frenati nell'elogio (possibile piaggeria) ma anche nello stroncare (le vendette dei potenti, si sa, sono temibili). «La soddisfazione estrema l'ho avuta dalla Francia», racconta: «Chi ha avuto in mano il mio libro, all'inizio davvero non sapeva della mia veste duale e comunque non gliene sarebbe importato nulla».
La doppia strada di Franceschini, anche lui una Second Life. Come quelle degli uomini e delle donne di "Daccapo". In una terra padana benpensante e un po' filo Buñuel, tra Ferrara e Mantova subito dopo la chiusura dei bordelli, affollata di prostitute, ladri, preti che figliano, figli non figli, sparizioni, metamorfosi e colpi di scena, passando dai colori della libertà alla claustrofobia del senso del decoro, tutti i protagonisti hanno una vita segreta, nessuno è quello che appare e tutti sono qualcosa di più.
WALTER VELTRONI«Ci ho messo molto tempo a capire che dentro ogni persona, anche quella che sembra la più austera e fredda, c'è un mondo proibito e stupendo», scrive in una lettera il notaio Dalla Libera a Iacopo. «Il rovesciato è meglio del dritto», riflette l'autore, lui stesso a seconda dei casi deputato-scrittore o scrittore-deputato, sempre più inedito, forse frenato finora dalle sue pudibonde radici democristiane. C'è un lato nascosto nella sua vita, un enigma che ci vuole svelare, visto il libro e la sua atmosfera? «Ma no. Semmai c'è l'aspirazione al mistero, la fascinazione verso vite diverse». Per forza che fantastica e romanza: gli tocca in sorte di dividere le giornate con D'Alema e Fioroni oltre che assistere alle gesta - Dio continui a confortarlo - di La Russa e Verdini.
LA FELICITA DI FRANCESCHINIMa, si diceva, vite diverse. Mila, la bella prostituta. Vincente, il custode di un catasto delle cose mai dette, l'anagrafe segreta dove ladri, falliti, amanti, spretati, figli naturali, carcerati possono affidare la loro verità. Nivardo, il robivecchi che piange ogni volta che vende qualcosa. Un intreccio di storie raccontate all'ombra del cimitero con le lapidi della sincerità, "Natale Ferrari - ladro", tre pagine sul simbolo della sensuale cucina ferrarese, la salama da sugo adagiata sul puré, e poi le feritoie del cuore, le risorse dell'anima e le mille citazioni, a volte una frase sola, che il politico si è divertito a nascondere, di film, canzoni, libri.
Anche la prostituta di nome Forlani: una cara reminiscenza di Arnaldo? No, è un nome comunissimo a Ferrara, è la spiegazione di Franceschini, avido collezionista, questa sì che può essere una perversione, di vecchi elenchi telefonici per la memoria dei cognomi antichi.
Secondo Jovanotti, non solo il nostro autore dovrebbe lasciare la politica e dedicarsi a tempo pieno alla letteratura, ma rispetto a Walter Veltroni in cui il deputato e lo scrittore sono due facce della stessa medaglia, è molto più schizzato e imprevedibile («Che gran complimenti», è orgoglioso lui abituato di sicuro a ben più sobri commenti, e subito ricambia con fior di apprezzamenti).
DARIO FRANCESCHINIIn effetti imprevedibile, di sicuro e anche di più. Chi l'avrebbe mai detto che un Pd più esangue che sanguigno potesse nascondere un prodigio di immaginazione, un copione già bell'è pronto per un film probabilmente vietato ai minori? Con un finale edonista e interattivo: ognuno può interpretare l'epilogo come gli pare.
"Daccapo" davvero, e in tanti possibili sensi. Anche la copertina del libro, uno a cento non l'avreste mai potuta attribuire a Franceschini. E invece, vedi com'è la vita, eccola: un bel paio di gambe di una donna si presuppone molto peccaminosa e molto nuda, che trascina, lascivissima, una sottoveste di raso ovviamente rosso. Eros, come no, ma anche quanto politikos! In nessun posto del mondo, questo tipo di foto potrebbe mai evocare anche un segno politico se non fossimo in Italia e se naturalmente...