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“IL RIFORMISTA” RIFORMA IL PAPOCCHIO DI NANNI: MA È MORETTI O DON MATTEO? - COME già scrisse MEREGHETTI SUL \"CORRIERE\", \"Il peccato originale del film sta proprio nel tentativo di giustapporre la “parte seria” a uno scheletro comico sbracatissimo\" - ancora: \"Il soggetto è forte e interessante ma la regia scolastica, il racconto sconnesso e gratuito: le parti ieratiche sono prive di fascino visivo e quelle “poetiche” sono telefonatissime\"...

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Stefano Cappellini per "Il Riformista"

Stefano Cappellini

Diciamo la verità. Bisogna far ricorso a tutta la stima e al patrimonio di gratitudine verso l'arte di Nanni Moretti per resistere alla tentazione di alzarsi dalla poltrona alla fine della proiezione e fantozzianamente gridare: Habemus papam è una boiata pazzesca. Spiace dirlo, ma si tratta del film peggiore di Moretti, e di gran lunga.

Buon per l'autore che sia sorta una polemica sulla questione cattolica. Perché mentre vaticanisti, politologi e opinionisti assortiti si esercitano a discettare sul grado di rispetto del film nei confronti della Chiesa e della fede, passa in secondo piano la sua assoluta mediocrità.

Il soggetto è forte e interessante - la crisi di un pontefice appena eletto e schiacciato dal peso della responsabilità - ma la realizzazione è veramente superficiale, la regia scolastica e piattamente televisiva (specie nelle scene di "massa" in Piazza San Pietro), il racconto sconnesso e gratuito: le parti ieratiche (le sequenze iniziali del conclave) sono prive di fascino visivo e quelle "poetiche" sono telefonatissime, perché se si decide di mandare un pontefice a zonzo per la capitale forse bisogna avere qualche idea in più che farlo parlare da solo su un autobus pieno di immigrati o farlo imbattere in un gruppo di papa boys ignari di chi sia quel signore anziano che li scruta.

MORETTI- HABEMUS PAPAM

Il peccato originale del film sta proprio nel tentativo di giustapporre questa "parte seria" a uno scheletro comico sbracatissimo, dove il Nanni-psicanalista è alle prese con una improbabile ciurma di cardinali. Il problema non è - come hanno subito rimproverato a Moretti alcuni guardiani ideologici - la mancanza nel racconto degli scandali, dello scontro tra cordate, insomma del lato oscuro del potere vaticano. Se Moretti ha un'immagine gioiosa delle gerarchie, non c'è motivo, se non il pregiudizio, di contestargliela.

MORETTI- HABEMUS PAPAM

Il problema è che i cardinali sono figurine unidimensionali che sembrano uscire da una puntata di Don Matteo, tanto che da un momento altro ci si aspetta che la lunga partita di pallavolo nei cortili del Vaticano sia interrotta da Terence Hill e Nino Frassica che discutono gli indizi del giallo della puntata. E non si capisce proprio come Moretti e i suoi sceneggiatori presumessero di dare forza e profondità a una trama che alterna scene madri enfatiche e sopra le righe a siparietti che sembrano usciti dalla penna degli autori di un cinepanettone (i quali, però, non hanno la pretesa di filosofeggiare sulla vita, sebbene spesso ci riescano meglio di tanti colleghi "alti").

MORETTI- HABEMUS PAPAM

A scanso di equivoci: ciò che addebitiamo a Moretti non è la mancanza di realismo o la commistione dei toni. Il tragico, cupissimo finale di Ecce bombo è l'epilogo memorabile di un film pieno di grandi gag comiche. Il grande capolavoro morettiano - Bianca - è un film dove le virate surreali e grottesche sono perfettamente calate nell'amarissimo apologo sull'amore e sull'impossibile aspirazione alla purezza. Ancora adesso, a distanza di tanti anni dall'uscita in sala (1984), brilla il tocco del genio nell'idea della scuola superiore dove alle pareti è appesa la foto di Dino Zoff che alza la Coppa del mondo e si studiano i cantautori al posto di Dante e Petrarca. Sui cardinali in libera uscita che cercano un bar a Borgo Pio o che litigano giocando a scopone, invece, aleggia solo lo spirito di una fiction Rai di terz'ordine.

MORETTI- HABEMUS PAPAM

Ma Moretti è Moretti, e il suo pubblico - anche quello visibilmente deluso all'uscita dal Sacher, la sala trasteverina gestita dal regista - tende a vedere arguzia anche laddove c'è solo una corrività che ad altri cineasti non sarebbe perdonata.

Almeno un risultato, però, Nanni lo porta a casa. Ha dimostrato quanto avesse torto il grande Dino Risi quando gli scagliò addosso il noto anatema («Quando vedo un film di Moretti mi viene voglia di dirgli spostati e fammi vedere il film»). Per la prima volta Moretti ha scelto di stare a lungo fuori dall'inquadratura. S'è spostato. E dietro lui il film non c'era proprio.

 


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