Vittorio Malagutti per "Il Fatto Quotidiano"
Giulia Paolo Jonella e Salvatore LigrestiSi chiama Toulon e gli esperti dicono che è un gran cavallo. Lo pensa anche un'amazzone come Jonella Ligresti che ha fatto coppia fissa con lui in diversi importanti concorsi di equitazione. I campioni però costano caro. Per Toulon si arriva addirittura a tre milioni di euro. E allora ai piccoli azionisti di Fondiaria farà piacere sapere (o forse no) che nel 2009 e nel 2010 hanno contribuito a pagare il conto del purosangue di Jonella Ligresti.
Come? Semplice: l'anno scorso Fondiaria ha versato 1,4 milioni nella casse di Laità, la società della famiglia Ligresti che possiede Toulon, acquistato in leasing a fine 2008. In breve: i Ligresti usano i soldi del loro gruppo assicurativo per finanziare le passioni di Jonella, presidente della Fondiaria quotata in Borsa.
Salvatore e Jonella LigrestiBazzecole? Mica tanto. Prima di tutto perchè la compagnia, la terza in Italia dopo Generali e Allianz, perde soldi a rotta di collo: quasi un miliardo di euro nel 2010, che si aggiunge ai 390 milioni del 2009. Un disastro anche per la tasche di migliaia di piccoli azionisti. Chi avesse avuto la pessima idea di investire 10 mila euro in azioni Fondiaria tre anni fa adesso se ne ritroverebbe 2.500 circa, con la prospettiva di dover sborsare altri soldi per un prossimo aumento di capitale destinato a rimettere in sesto il bilancio.
ello stesso periodo (2009-2010) i tre figli di Ligresti (Jonella, Giulia, Paolo), tutti amministratori delle società del gruppo, hanno ricevuto oltre 5 milioni ciascuno come stipendio. Compensi confermati anche nel 2010, con i titoli della compagnia precipitati ai minimi storici.
ligresti e jonellaBastano questi numeri per definire i contorni di una crisi che ha pochi precedenti nella storia recente dei grandi gruppi finanziari quotati. Una crisi per cui adesso si mobilitano le banche, Unicredit e Mediobanca in testa, pronte a salvare l'amico Salvatore Ligresti. Piccolo particolare, però illuminante: il gruppo Unicredit ha finanziato anche i leasing di Toulon e di altri tre cavalli di Jonella.
Eccola, allora, la vera banca di sistema: presta soldi per il grande business delle polizze e non dimentica i purosangue della figlia dell'amico finanziere che, incidentalmente, fino poche settimane fa sedeva anche nel consiglio di amministrazione dell'istituto. Ma non è solo questione di cavalli.
Salvatore Ligresti e Silvio BerlusconiUn esame attento dei bilanci rivela che negli ultimi due anni la famiglia Ligresti in più di un'occasione ha giocato di sponda con Fondiaria, scaricando attività in perdita sulla compagnia quotata in Borsa, mentre milioni e milioni di euro finivano a parenti e amici degli azionisti di controllo a titolo di compensi e prebende varie. Ecco allora che se la Dialogo assicurazioni, una compagnia minore del gruppo, lancia una campagna promozionale proprio non può fare a meno di affidarla alla Gilli communication, gestita da Giulia Ligresti.
Il conto è salato: 1,7 milioni che finiscono in cassa alla società di famiglia. Poi c'è la questione degli alberghi, quelli della catena Atahotels. Nel 2009 i Ligresti decidono di disfarsi dell'azienda. E pensano bene di girarla a Fondiaria. Prezzo: 25 milioni di euro, fissato con l'ausilio di perizie, nonché fairness e legal opinion, come precisa il bilancio del 2009. Insomma, un affare con tutte le carte in regola, assistito da voluminose perizie dei soliti professori. La vendita si chiude a maggio, ma di lì a poco si scopre che Atahotels va malissimo. A fine anno viene addirittura svalutata di 17 milioni. In altre parole due terzi del valore dell'azienda sarebbero andati in fumo nel giro di soli sei mesi, con buona pace delle fairness opinion.
Salvatore LigrestiIntanto però i Ligresti hanno già incassato i 25 milioni del prezzo e hanno evitato di dover coprire personalmente quei 17 milioni di svalutazione. A quanto sembra i problemi dell'azienda alberghiera erano stati sottovalutati. O forse sono arrivati come un fulmine a ciel sereno. Sorprendente, anche perchè nel consiglio di Atahotels sedevano alcuni amministratori della stessa Fondiaria, tra cui Jonella, Giulia e Paolo Ligresti.
Federico Ghizzoni UNICREDITFine della storia? Macché.
Nel 2010 gli hotel se la passano ancora peggio. I conti chiudono in perdita di 52 milioni su 110 di ricavi. E allora Fondiaria non può fare a meno di svalutare per la seconda volta la sua partecipata Atahotels. E sui conti già disastrati del gruppo assicurativo si abbattono altri 30 milioni di perdite. I Ligresti però sono ottimisti e ai piccoli azionisti della compagnia fanno sapere, come si legge nel bilancio, che Atahotels è "riuscita a difendersi meglio di altri concorrenti".
Come dire: poteva andare ancora peggio. Di certo ai Ligresti è andata benissimo. Il conto degli alberghi avrebbero dovuto pagarlo di tasca propria e invece adesso ci pensano in gran parte i soci di minoranza di Fondiaria. Che, a ben guardare, ultimamente ha fatto anche altri acquisti sfortunati. All'inizio del 2008, per esempio, il gruppo si è concesso un'incursione oltre confine.
FAUSTO MARCHIONNIPer 267 milioni ha comprato una compagnia serba, la Ddor Novi Sad. Ebbene l'anno scorso la società è stata svalutata di 137 milioni. Anche qui nel giro di due anni più di metà del valore della controllata è andato in fumo.
Acquisto incauto? Prezzo troppo elevato? Chissà. Fausto Marchionni, gran capo di Fondiaria, ha perso il posto un paio di mesi fa. Un addio ben retribuito. Nel 2010, l'anno del disastro, Marchionni ha ricevuto circa 5 milioni di compensi. Un milione in più del 2009.