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INTERNET POWER - MENTRE L’EDITORIA DI CARTA DECLINA, IL BUSINESS IN RETE VALE IL 2% DEL PIL (31 MLD €) E NON HA RISENTITO DELLA CRISI - SECONDO IL RAPPORTO DI GOOGLE E BOSTON CONSULTING LE WEB-AZIENDE SONO QUELLE CHE CRESCONO DI PIÙ - MA ATTENZIONE: PER DIFFUSIONE DI WEB VELOCE, ACQUISTI E PUBBLICITÀ ONLINE, L’ITALIA è PENULTIMA TRA I PAESI PIÙ SVILUPPATI - PESCARMONA (PRESIDENTE MUTUIONLINE): “PER FAR CRESCERE L’ECONOMIA NON SERVE LA BANDA LARGA, OCCORRONO LE IDEE”…

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Luigi Grassia per "la Stampa"

google

Internet in Italia: ottimo e abbondante, preso di per sé, ma scarsino nel confronto internazionale. La Boston Consulting e Google pubblicano oggi un rapporto con tante luci e qualche ombra. Per esempio siamo fra i più entusiasti utilizzatori di «smartphone», i cellulari che permettono di navigare nella grande rete digitale, posseduti addirittura da 15 milioni di italiani e utilizzati da 10 milioni per andare sul web (450 mila impiegano questo mezzo anche per fare acquisti). Se poi si guarda la e-economy dal punto di vista delle aziende, si scopre che quelle più internettizzate guadagnano di più e crescono di più.

Ma sulla colonna delle cose che non vanno bene c'è da registrare che in base all'«Indice di intensità Internet» creato dalla stessa Boston Consulting sulla base di vari parametri (diffusione della banda larga, spese per acquisti e pubblicità online e livello di attività delle imprese, delle istituzioni e dei consumatori che usano Internet) l'Italia si colloca in un umiliante penultimo posto fra i Paesi Ocse (i più sviluppati del mondo) davanti solo alla Grecia. Si può fare meglio.

In assoluto non è che le cose vadano male. A fine 2010 i siti con il suffisso «.it» hanno superato i 2 milioni e Internet è consolidato come fattore propulsivo dell'economia italiana. Boston Consulting e Google quantificano la nostra Internet economy in 31,6 miliardi di euro nel 2010, pari al 2% del prodotto interno lordo (+10% rispetto al 2009). Per avere un termine di paragone, l'agricoltura in senso stretto vale il 2,3% del Pil.

Larry Page di Google

Sembra un buon risultato per l'universo web italiano, però due studi di Boston Consulting legano a Internet il 7,2% del Pil britannico e il 7,3% di quello danese. Più del triplo della nostra quota. In realtà al dato italiano di 31,6 miliardi di cui sopra si possono aggiungere i 7 miliardi di euro del cosiddetto e-procurement della Pubblica amministrazione e i 17 miliardi di euro delle merci acquistate nel mondo reale ma cercate prima dai clienti in quello elettronico di Internet;

tenendo conto anche di queste voci, l'impatto diretto e indiretto del web sull'economia italiana supera i 55 miliardi di euro nel 2010, aumentando di parecchio anche la quota sul Pil (ma è naturale che aggiungendo le voci corrispondenti anche al dato di Gran Bretagna e Danimarca torneremmo a distanziarci dagli altri Paesi nella stessa proporzione di prima).

Gettando uno sguardo al futuro, il rapporto calcola che con una crescita annua attesa fra il 13% e il 18% dal 2009 al 2015 l'Internet economy italiana rappresenterà nel 2015 fra il 3,3% e il 4,3% del Pil, cioè fra i 59 e i 77 miliardi di euro. Per ogni euro di crescita del Pil italiano da qui al 2015, in media 15 centesimi potranno essere riconducibili all'espansione dell'Internet economy (12 o 18 centesimi a seconda dello scenario).

È molto rivelatore quel che succede a livello di piccole e medie imprese. Le Pmi italiane attive nel marketing o nella vendita in rete hanno registrato negli ultimi tre anni una crescita media dei ricavi dell'1,2%; può non sembrare un granché e invece è un'enormità perché sono riuscite a crescere nel triennio della crisi economica, mentre alle altre è andata peggio: quelle che online stanno solo con un sito web, punto e basta, nello stesso triennio hanno vistoil giro d'affari calare del 2,4% e quelle che non hanno nemmeno un sito si sono contratte del 4,5%.

MARCO Pescarmona

Ancora più netta l'incidenza sull'export: il gruppo di Pmi italiane più attive in Internet ha aumentato le vendite all'estero del 15%, le mediamente attive dell'8% e le estranee al web solo del 4%. Bene. Ma l'esempio dei Paesi stranieri ci dice e ci ripete che si può fare molto meglio. per chi segue queste cose».


2- «AVVIARE UN BUSINESS È FACILE COME IN USA» - INTERVISTA A MARCO PESCARMONA (MUTUIONLINE)
Luigi Grassia per "
la Stampa"

«Avviare in Internet un'impresa che dia soddisfazioni economiche è a portata di chiunque abbia delle idee»: parola di Marco Pescarmona, co-fondatore e presidente di MutuiOnline (53 milioni di giro d'affari annuo).

Si comincia in garage, come nell'America dei tempi eroici della New Economy?
«Ma questo si è sempre fatto anche in Italia, e non solo con le aziende attive in Internet. Ci sono imprese che si possono avviare con pochi capitali. Non dico che tutte abbiano un successo strepitoso e arrivino poi alla quotazione in Borsa nel giro di pochi anni, ma fatturare qualche centinaio di migliaia di euro all'anno non è difficile, se si ha una buona idea».

JEFF BEZOS CON JOYCE IN VERSIONE KINDLE

La crisi economica non stronca le ambizioni?
«Certo se l'economia cresce è meglio, ma che cresca dell'1% o del 5% non fa la differenza. La differenza la fanno le idee».

Ci fa qualche esempio di idee buone recenti?
«Vedo che c'è chi fa affari vendendo online passeggini e altre cose per neonati, nonostante il calo delle nascite. Io ho fatto da consulente al lancio di un bel giornale sul web. E un mio ex dipendente ha avuto successo con un sito che confronta le promozioni dei supermercati. Può sembrare una cavolata e invece è importante

Eppure il confronto internazionale dice che l'Italia è indietro nella web-economy. Come mai? Poca banda larga, per esempio?
«Ma no, la banda larga è importante per scaricare film e musica, ma per la generalità delle aziende no, le aziende hanno comunque la connessione, anche se meno veloce di quanto potrebbe essere. Io non capisco tutta questa enfasi sulla banda larga, e non mi sembra ovvio che lo Stato debba mettere i soldi delle nostre tasse per fare questa cosa».

ebay

Nessuno specifico handicap italiano in Internet, allora?
«Ce n'è uno, ma di tipo culturale. Il commercio online in Italia è limitato dal fatto che qui poche persone rispetto all'estero hanno una carta di credito, e meno ancora si fidano a usarla in Internet».

 


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