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1- CHI HA VINTO (GIULIO E SILVIO) E CHI HA PERSO (BOSSI) ALLA BATTAGLIA DELLE NOMINE 2- I “BARBARI” DELLA LEGA SI ATTRIBUISCONO LA PATERNITÀ DELLA NOMINA DI ORSI IN FINMECCANICA, MA LE FREQUENTAZIONI PIÙ INTENSE LE HA AVUTE CON L’UDC DI PIERFURBY E TABACCI. IL DISEGNO ORIGINARIO DEI VARI MARONI E GIORGETTI AVREBBE DOVUTO PORTARE A METTERE IL CAPPELLO SULLE POSTE E SULL’ENEL (DUE ENORMI SERBATOI DI CONSENSI E DI DENARI) MA SU TUTTO HA PREVALSO IL “METODO TREMONTI\" (ASPEN*CENCELLI) 3- CAOS GENERALI: DALLA RIUNIONE DI DOMANI SI CAPIRÀ SE IL BIONDO BOLLORÈ HA INTENZIONE DI TIRARE LA CORDA, MA TUTTO FA PENSARE A UNA \"RITIRATA\" CON SCUSE 4- LA STORIA DEI RAPPORTI TRA LA DINASTIA DELLA CATTOLICISSIMA FAMIGLIA BOLLORÈ E IL DIABOLICO BANCHIERE D’AFFARI BERNHEIM IMPARENTATO CON IL RABBINO CAPO DI FRANCIA 5- COME MAI L’ANNUNZIATA HA SENTITO IL BISOGNO PROROMPENTE DI INVITARE ALLA SUA TRASMISSIONE “MEZZ’ORA” L’EX-FURBETTO DEL QUARTIERINO DANILO COPPOLA? 6- ALE-DANNO BAD NEWS! DOPO CISNETTO, IN CAMPIDOGLIO CORRE VOCE DI UN CLAMOROSO TAGLIO ALLA CONSULENZA DI UN ALTRO CELEBRE GIORNALISTA ECONOMICO

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1- CHI HA VINTO E CHI HA PERSO ALLA BATTAGLIA PER LE NOMINE (IL "METODO ASPEN")
La battaglia per le nomine nelle imprese pubbliche è finita e finalmente si mette fine al tormentone che fino a ieri ha tenuto sulla corda i big delle grandi società e la schiera dei loro portaborse.

GIUSEPPE RECCHI

È andata come previsto senza quella discontinuità che alcuni avrebbero voluto per occupare soprattutto le roccaforti dell'Eni e di Finmeccanica, due delle tre multinazionali (l'altra è l'Enel) che ancora resistono all'assalto degli stranieri.

Adesso si cerca di capire chi ha vinto e chi ha perso e quale metodo abbia prevalso. C'è chi ha scritto che nella scelta di personaggi come Giuseppe Recchi e Paolo Andrea Colombo è stato applicato il "metodo Aspen", cioè un criterio che porta a scegliere tecnocrati giovani e competenti. Per altri si evoca il manuale Cencelli della vecchia tradizione democristiana che spartiva poltrone e strapuntini tra i partiti di governo.

PAOLO ANDREA COLOMBO

Per dare una risposta sensata bisogna tener conto del ruolo del Cavaliere di Palazzo Chigi che prima di tuffarsi nelle acque di Lampedusa ha chiesto al suo Maggiordomo Azzurrino, Gianni Letta, di salvare soprattutto la guida di Scaroni all'Eni. Di tutto il resto Berlusconi non ha voluto sentir parola, e ha lasciato che la trattativa tra Letta e Tremonti andasse avanti per la sua strada. Alla fine della giostra ha vinto il "metodo Tremonti", una miscela di furbizia e di potere che è riuscita a mettere insieme lo spirito della tecnocrazia più giovane con quello antico del manuale Cencelli.

Letta e Berlusconi

A farne le spese sono stati in prima battuta i presidenti dell'Eni e dell'Enel che ritorneranno ai loro studi professionali di Milano e di Bologna con il cuore e il portafoglio gonfi di amarezza e di quattrini. Bisogna però dire che questa battaglia sui presidenti è abbastanza patetica perché la categoria va divisa in due filoni: i presidenti "pesanti" e quelli "leggeri". I poveri Gnudi e Poli facevano parte fino a ieri di questo secondo filone che in tempi recenti ha annoverato figure del tutto ininfluenti come Galateri di Genola, Innocenzo Cipolletta e perfino Luchino di Montezemolo per il quale la presidenza della Fiat è stato soltanto un ricco lascito della famiglia Agnelli.

UMBERTO BOSSI GIULIO TREMONTI

Nel novero dei presidenti "pesanti" bisogna inserire il comandante supremo di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini, il 74enne manager di Castagneto Carducci che insieme a Paoletto Scaroni ha rappresentato il rompicapo della trattativa. Adesso il Guargua si ritrova spiumato e costretto a una convivenza con Giuseppe Orsi, il manager di AgustaWestland di cui conosce benissimo le virtù e i limiti.

I "barbari" della Lega con alla testa la moglie siciliana di Umberto Bossi, si attribuiscono la paternità della nomina di Orsi, ma è un'operazione molto forzata perché chi conosce un po' di storia di questo 66enne lodigiano sa che le frequentazioni più intense le ha avute con l'Udc di Pierfurby Casini e Bruno Tabacci. Non a caso nelle file padane il numero degli incazzati per l'esito delle nomine è altissimo.

ROBERTO POLI PIERO GNUDI

Il disegno originario dei vari Maroni e Giorgetti avrebbe dovuto portare a mettere il cappello sulle Poste e sull'Enel (due enormi serbatoi di consensi e di denari) ma su tutto ha prevalso il "metodo Tremonti" cioè la miscela tecnocratico-personalistica di Giulietto che ha distribuito gli strapuntini nei consigli di amministrazione pensando prima di tutto alla sua credibilità.

A placare gli animi dei "barbari" padani non può certo bastare la paternità "forzata" di Orsi in Finmeccanica, e la manciata di paggetti che si andranno a sedere nei consigli di amministrazione non può soddisfare gli appetiti della Lega che pretende di condizionare il governo. Un governo con un presidente che racconta barzellette oscene in un dialetto napoletano più che osceno.

INNOCENZO CIPOLLETTA


2- CAOS GENERALI: LE INTENZIONI DEL BIONDO BOLLORÈ
Domani nella sala consiglio delle Generali che si trova al terzo piano del palazzo in piazza Venezia, si ritroveranno in 17, ed è probabile che qualcuno dei consiglieri si toccherà gli attributi.

LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO

Il numero non porta fortuna come sanno i napoletani quando parlano della "smorfia" e gli studiosi dell'antica Roma che lo incidevano sulle pietre funerarie. È notizia di oggi che dal consiglio si è dimessa Ana Botin, la figlia di don Emilio, il potente banchiere della banca spagnola Santander. Sull'organismo che governa il Leone di Trieste non aleggia soltanto l'ombra della sfortuna, ma anche l'invadenza di un "grande vecchio" che non conosce le virtù della temperanza e della magnificenza. È l'87enne Antoine Bernheim, l'uomo che è entrato nella Compagnia come consigliere nel 1973 e non è riuscito ancora a digerire le dimissioni date nell'aprile dell'anno scorso per far posto a Cesarone Geronzi.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI

L'ex-banchiere parigino adesso è arroccato in un palazzotto di Banca Leonardo che si trova al numero 68 di Faubourg St-Honorè a due passi dall'Eliseo; qui lo vanno a cercare i giornalisti zelanti che vorrebbero eccitare il suo rancore nei confronti di Cesarone Geronzi, ma l'impresa non riesce perché il vero nemico di Bernheim oggi è Vincent Bollorè, il figliol prodigo che lo ha tradito.

PIERFURBY CASINI

Se qualcuno ha tempo da perdere si vada a rileggere un articolo pubblicato il 2 aprile dell'anno scorso sul "Riformista" in cui Michele Masneri racconta la storia dei rapporti tra la dinastia della cattolicissima famiglia Bollorè e il diabolico banchiere d'affari Bernheim imparentato con il rabbino capo di Francia. È una storia degna della penna di Balzac dalla quale comunque si capisce che Bollorè è un uomo che va al sodo e ha l'abitudine di entrare e uscire dai business con ricche plusvalenze. Dalla riunione di domani si capirà se il biondo Bollorè ha intenzione di tirare la corda fino al punto di ripetere ciò che ha fatto in altre circostanze, ma tutto fa pensare che il finanziere franco-bretone non abbia alcuna voglia di sbattere le porte delle Generali.

BRUNO TABACCI

Se fosse vivo Enrico Cuccia oggi chiamerebbe davanti alla scrivania i due francesi e metterebbe fine a una dialettica penosa che vede Bernheim protagonista pieno di rancore nonostante i benefits che ancora oggi riceve dalle Generali di Trieste (1 milione l'anno di compenso come presidente onorario non è da buttare). Ma il padre del salotto buono non c'è più e al suo posto ci sono "pontieri" di caratura minore come Nagel e Pagliaro che si sforzano di mettere pace tra i "frondisti" di lusso come Bollorè e gli scarpari di provincia come Della Valle.

GIUSEPPE ORSI

C'è anche Caltagirone (per gli amici Caltariccone) che oggi il quotidiano "Il Foglio" indica come "il terzista" in grado di pacificare Trieste. Il costruttore romano alle Generali ci crede tanto è vero (la notizia è di questa mattina) che tra mercoledì e venerdì ha tirato fuori un altro milione e mezzo di euro per comprare 100mila azioni di Generali che lo portano al 2,24% del capitale.

È la dimostrazione di una fiducia e di una forza che valgono molto di più del rancore e dei sassolini che escono dalle scarpe firmate.

ind38 antoiner bernheim


3- COME MAI L'ANNUNZIATA SENTITO IL BISOGNO PROROMPENTE DI INVITARE ALLA SUA TRASMISSIONE "MEZZ'ORA" IN ONDA LA DOMENICA POMERIGGIO, L'EX-FURBETTO DEL QUARTIERINO DANILO COPPOLA?
Nessuno ha capito la ragione per cui Lucia Annunziata abbia sentito il bisogno prorompente di invitare alla sua trasmissione "Mezz'ora" in onda la domenica pomeriggio, l'ex-furbetto del quartierino Danilo Coppola.

VINCENT BOLLORE

È vero che l'attuale panorama degli imprenditori e dei banchieri italiani si presenta modesto ma dio solo sa per quale motivo una giornalista di razza come Lucy abbia voluto disquisire con un personaggio così marginale. Da parte sua Coppola, soprannominato "er Cash", avrà fatto le capriole di gioia perché a differenza di Ricucci che si è ritirato nell'ombra con ironia, il romano arrestato nel marzo 2007 per bancarotta, riciclaggio e altri reati, ha una passione folle per la televisione e i media.

CESARE GERONZI

Nel dicembre 2007 scomparve dall'ospedale dove era stato ricoverato per un infarto poi contattò la redazione di SkyTg24 dichiarando di essere vittima di persecuzione. Il ritorno in televisione fa parte comunque di una strategia mediatica che serve a tornare sulla scena dopo aver sistemato le partite con il Fisco.

Alberto Nagel e Renato Pagliaro

In questa logica si inserisce anche il rilancio del quotidiano "Finanza&Mercati" che la moglie di Coppola Silvia Necci ha tenuto in vita negli ultimi due anni.

Ed oggi sul giornale appare per la prima volta la firma del nuovo direttore Gianni Gambarotta.

DIEGO DELLA VALLE


4- IN CAMPIDOGLIO CORRE VOCE DI UN CLAMOROSO TAGLIO ALLA CONSULENZA DI UN ALTRO CELEBRE GIORNALISTA ECONOMICO
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che in Campidoglio corre voce di un clamoroso taglio alla consulenza di un altro celebre giornalista economico.

In questo caso le forbici sarebbero state usate dallo stesso sindaco Alemanno che non vuole prestare il fianco ad altre critiche".

 


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